TORINO – Gli intrecci di Irene Pittatore, performance e terzo manifesto di Opera Viva Barriera di Milano

Le scale, le ringhiere e le finestre di un condominio e due donne che intrecciano i loro capelli, neri e biondi. Che cosa faranno? Dove andranno? Come faranno a muoversi, a esistere in quella posizione? “Wire Connection”, opera firmata da Irene Pittatore, è il terzo manifesto (dopo quelli di Lucia Veronesi e Laboratorio Saccardi) del progetto Opera Viva Barriera di Milano, in piazza Bottesini (27 giugno – 24 luglio).
In occasione dell’opening, mercoledì 27 giugno alle ore 19, l’artista coinvolgerà il pubblico in una performance creando “nuovi intrecci”.
Opera Viva 2018 è la quarta edizione del progetto artistico urbano ideato da Alessandro Bulgini, curato da Christian Caliandro e sostenuto da Flashback, con il patrocinio di Regione Piemonte, Città di Torino e Circoscrizione 6. Tema di quest’ammo, per il progetto e per la fiera, è la “diversita”.



Il lavoro di Irene Pittatore è la prima delle tre opere vincitrici della open call e selezionate dalla giuria composta da Alessandro Bulgini, Christian Caliandro, Umberto Allemandi, Pietro Gaglianò, Luigi Ratclif e Roxy in the Box. L’artista interpreta il tema in una una declinazione ancora diversa rispetto a quelle dei precedenti manifesti e condensa la sua riflessione, profonda e al tempo stesso ironica, in un’immagine umile e quotidiana che pone alcune questioni di stringente attualità. Ci invita, per esempio, a considerare come sia possibile convivere (vivere-insieme) e stare anche bene, insieme, superando le eventuali scomodità pratiche; persino, al limite, come il concetto stesso di “scomodità” cambi a seconda della prospettiva esistenziale e culturale che scegliamo di adottare, di volta in volta; e, infine -l’aspetto forse più importante- come questa disposizione d’animo portata all’intreccio, alla condivisione agisca sul livello della ‘configurazione’, generando forme nuove, inedite, che prima non esistevano – forme che poi, in fondo, altro non sono a loro volta che riflessi e riverberi delle forme-di-vita che le hanno elaborate e prodotte.
Delle due donne non vediamo e non vedremo mai i volti, ma possiamo immaginare il presente e il futuro: le identità singole diventano così collettive.
Anche in questa terza opera, dunque, la diversità è interpretata come diversità come ricchezza e non come ostacolo, come ampiezza di sguardo e non come barriera, come allargamento dell’orizzonte e non come sua chiusura.

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