Col tempo anche il diritto al pagamento rischia l’estinzione
Un mio assistito mi ha domandato come avrebbe dovuto comportarsi di fronte alla richiesta di pagamento giuntagli da un professionista dopo che il rapporto era terminato da anni.
I diritti non hanno vita eterna. Almeno, non tutti e, soprattutto, non quello al pagamento.
Uno dei modi in cui si estinguono è dato dalla prescrizione che è un istituto che regola gli effetti giuridici del trascorrere del tempo. Se ne sente parlare spesso in occasione di fatti di cronaca e troppe volte ci si dimentica che spiega i suoi effetti anche in ambito civile. In base all’ art. 2934 cod.civ.: “Ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge. Non sono soggetti a prescrizione i diritti indisponibili e gli altri diritti indicati dalla legge”. Le parti non possono prevedere pattiziamente una deroga, né abbreviare o allungare i termini di maturazione dell’istituto. La rinuncia preventiva alla prescrizione non è ammessa: solo dopo che sia spirato il termine prescrizionale, colui che potrebbe farne uso potrà decidere se applicarla o rinunciarvi. Di norma, il termine è di dieci anni (prescrizione ordinaria), ma vi sono casi particolari in cui questo arco di tempo è drasticamente ridotto. Quello prospettatomi dal cliente rientra tra questi. Mi riferisco alla prescrizione presuntiva che riguarda tutti quei rapporti per i quali il pagamento della prestazione avviene in maniera immediata o comunque in tempi brevi. In base all’art. 2956 cod.civ. si prescrive in tre anni il diritto dei professionisti per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative, quello dei notai per gli atti del loro ministero, al pari di quello dei prestatori di lavoro per le retribuzioni corrisposte a periodi superiori al mese e degli insegnanti per la retribuzione delle lezioni impartite a tempo più lungo di un mese. Questo non significa che scaduto il triennio costoro non possano richiedere il pagamento, ma solo che dopo tale termine avviene l’inversione dell’onere della prova. Che cosa comporta? Di fronte al diniego del committente, il creditore avrà solo due alternative per ottenere quanto preteso: l’ammissione in giudizio dell’esistenza del debito da parte del debitore (art. 2959 cod.civ.), o il deferimento del giuramento decisorio, ossia l’invito fatto al debitore di confermare, sotto giuramento, che l’obbligazione sia estinta (art. 2960 cod.civ.). Di fronte ad un falso giuramento, il giudice non potrebbe che confermare la fondatezza dell’eccezione di prescrizione presuntiva, con la conseguenza che il creditore vedrebbe prescritto il proprio diritto, non potendo provare in sede civile la mendacità delle dichiarazioni del debitore, né pretendere, ove questa sia stata dichiarata in sede penale con sentenza passata in giudicato, la revocazione della sentenza, ma soltanto il risarcimento del danno ex art. 2738 cod.civ. Qualora, invece, il debitore chiamato in giudizio non eccepisca la prescrizione ovvero la eccepisca ammettendo l’esistenza di un’obbligazione non ancora estinta, per il credito del professionista varrà il termine decennale.
Inoltre, il nostro ordinamento prevede che il diritto di credito possa essere tenuto in vita attraverso periodiche richieste al cliente debitore per raccomandata a/r: l’ interruzione non si limita a sospendere, ma toglie ogni valore al tempo anteriormente trascorso e la prescrizione comincia di nuovo a decorrere per un periodo pari a quello precedente azzerando la durata antecedente alla comunicazione.
Importante sottolineare che la prescrizione presuntiva non opera se c’è un contratto scritto dove il compenso da erogare al professionista è fissato in modo certo e stabile nella scrittura privata firmata dalle parti. In questa ipotesi torna la regola generale della prescrizione contrattuale a 10 anni.
Inoltre, secondo la Suprema Corte, il presupposto delle prescrizioni presuntive viene meno anche nel caso in cui le parti abbiano concordato il differimento o il frazionamento dell’adempimento (cfr. Cass. civ., Sentenza n. 8200/2006; n. 3812/1980; n. 2227/1968).
Un consiglio per l’una e l’altra parte del rapporto contrattuale? Patti chiari anche senza amicizia lunga: sottoscrizione di incarico e preventivo quanto meno di massima.