TORINO – “Quando guardi le mie fotografie, guardi i miei pensieri”: Duane Michals al Mef fino a luglio
C’è tempo fino al 29 luglio per visitare la mostra, a cura di Enrica Viganò e realizzata in collaborazione con la Fondazione Mapfre di Madrid, che il MEF – Museo Ettore Fico di Torino (via Cigna 114) dedica a Duane Michals nell’ambito della kermesse Fo.To – Fotografi a Torino (https://www.ierioggidomani.it/2018/05/18/la-kermesse-fo-to-trasforma-la-citta-in-un-grande-spazio-espositivo-collettivo-fotografi-a-torino-per-tre-mesi/).
Duane Michals è uno dei fotografi contemporanei che ha rinnovato il linguaggio fotografico con maggiore intensità. Artista in bilico tra fotografia e poesia, uno dei nomi più prestigiosi dell’avanguardia americana. Negli anni Sessanta attiva un nuovo approccio alla fotografia che non pretende di documentare il fatto compiuto, il “momento decisivo” o di affrontare gli aspetti fisici della vita.
“Quando guardi le mie fotografie, stai guardando i miei pensieri”. In questa frase si trova la chiave per leggere l’opera completa di Duane Michals: un’opera che corrisponde alla sua filosofia di vita.
Il percorso espositivo è suddiviso in sezioni che mostrano le diverse modalità espressive gradualmente inventate da Michals, nonché le diverse serie realizzate su argomenti specifici nel tempo.
Unione Sovietica. La mostra inizia con una selezione di ritratti realizzati durante un tour dell’ex Unione Sovietica. Questo è un momento decisivo per il futuro artistico e professionale di Michals che, al suo ritorno a New York, abbandona il lavoro di grafico e inizia la sua carriera di fotografo. Maestri. Questa sezione è un omaggio ai tre pittori che hanno maggiormente influenzato la visione artistica di Michals e il suo viaggio attraverso l’espressione creativa. Balthus, René Magritte e Giorgio de Chirico sono riferimenti essenziali nell’universo di Michals che, oltre ad averli incontrati e ritratti, ha trovato ispirazione e collegamenti estetici nelle loro opere. Empty New York. La prima importante serie di Michals è Empty New York, ispirata all’opera del fotografo Eugène Atget. In esso è documentata la città vuota e silenziosa di una domenica mattina, nei cui spazi inanimati l’artista trova un ambiente perfetto per mettere in scena le sue storie future.
Sequenze . La mostra dedica un ampio spazio alle sequenze, forse la soluzione formale che ha dato più fama a Michals. Con loro riesce a superare i limiti dell’immagine individuale, viene ritenuta insufficiente per esprimere il mondo interiore che vuole mostrarci: “Quando ho iniziato a fare sequenze, non era perché pensavo fosse bello o l’ultima cosa da fare. L’ho fatto per superare la frustrazione del fermo immagine”. Foto-testo. La rivoluzione delle sequenze segue quella della scrittura. I testi fotografici includono frasi che l’artista scrive a mano sulla carta fotografica e che costituiscono un complemento di ciò che non è visto nell’immagine ma che deve essere raccontato e condiviso, un elemento fondamentale per la comprensione totale dell’opera. Molti dei suoi testi sono ambigui, sono fantastici e privilegiano il doppio gioco di parole e immagini. Attraverso di loro esprime la sua ideologia politica, la sua critica sociale, ad esempio in fotografie come Black is Ugly o The Unfortunate Man, rivela i suoi sentimenti più intimi. Domande senza risposta. Il capitolo dedicato a “Domande senza risposte” si concentra sulle preoccupazioni filosofiche del fotografo, spiegate in immagini con lunghi testi manoscritti che indagano sulle questioni fondamentali dell’esistenza. La casa che una volta chiamavo dimora. La doppia esposizione, una tecnica usata da Michal in numerose occasioni, diventa uno strumento visivo di memoria nella storia delle sue origini e della sua famiglia. Il progetto è intitolato The House I Once Called Home e i testi che lo accompagnano sono di una sincerità disarmante. Come la fotografia ha perso la sua verginità. In On Contemporary Art dà fede alle sue idee sulla deriva del mercato dell’arte contemporanea, dove la parola del critico innesca la citazione di opere di per sé insignificanti. Immagini di un mondo fluttuante. Sempre alla ricerca di nuovi modi e sensibili alla cultura classica internazionale, Michals inventa le fotografie sotto forma di ventagli con la serie Photographs from a Floating World, ispirata alla tradizione popolare giapponese di Ukiyo-e. Queste fotografie sono precise come haiku ed enigmatiche come la natura della vita contemporanea. Fotografie dipinte. Michals ha recuperato negli ultimi anni una tecnica di pittura a olio applicata direttamente alla fotografia. Aggiungendo certi segni ai vecchi ferrotipi, dà nuova vita ai vecchi ritratti comprati nei mercati di strada, che il fotografo reinterpreta come protagonisti di un mondo creato a sua misura.
Lavoro su commissione. Una grande parte della mostra è dedicata all’opera su commissione di Duane Michals, condotta sempre con grande determinazione per avere libertà nella sua ricerca personale. Magistrale per immortalare personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, i ritratt iper prestigiose riviste compongono un mosaico di personaggi che si presentano in un modo nuovo. Queste foto si aggiungono ad altri lavori per il mondo della pubblicità. Cortometraggi. La mostra si conclude con le ultime opere dell’autore, realizzate in formato video. Si tratta di una serie di cortometraggi in cui le invenzioni formali sono combinate con contenuti che vanno dalla politica alla comunicazione interpersonale, risolti con un’enorme creatività. Michals ha realizzato per ognuno di essi un poster in cui la cornice dell’immagine è arricchita da testi manoscritti dell’autore.
Completano il percorso documenti, disegni originali o modelli di libri mai presentati prima, così come una biografia illustrata.
Nato in Pennsylvania nel 1932, Michals ha studiato arte all’Università di Denver e disegno a New York, dove ha lavorato nel mondo dell’editoria. Iniziò a fotografare per hobby nel 1958, durante una vacanza nell’Unione Sovietica con una macchina fotografica presa in prestito, con la quale realizzò alcuni ritratti al popolo russo che riscossero subito grande successo grazie alla loro schiettezza e semplicità. Con questi ritratti inizia la sua carriera come fotografo professionista, collaborando con numerose riviste prestigiose. I ritratti di personalità, celebri e non, sono una costante nel lavoro su commissione che Duane Michals ha continuato a svolgere fino a oggi in parallelo con la ricerca personale. In effetti, il lavoro di Michals si è sviluppato fin dall’inizio in territori inesplorati e privi di regole. Ciò gli ha permesso di allontanarsi dalle consuete pratiche senza preoccuparsi dei limiti imposti dalla fotografia. Così, nel 1966, introduce la tecnica della sequenza per raccontare storie immaginarie e inizia a disegnare a mano, sulla superficie delle sue copie, brevi testi che fungono da contrappunto o integrazione alle immagini, negando la convinzione che una fotografia valga più di mille parole. E’ in queste opere che Michals rivela in misura maggiore la sua filosofia esistenziale e la sua posizione politica di assoluta tolleranza e difesa dei diritti umani. La personalità di Duane Michals, così sensibile e lontana dai luoghi comuni, gli impone fin dall’inizio di andare oltre la superficie delle cose, oltre la realtà fotografica, per raggiungere l’identità dell’essere. In questo modo, Michals si allontana dalla fotografia come strumento di memoria visiva: ciò che non può essere visto, ciò che rimane nascosto, diventa l’obiettivo della sua ricerca. Il gioco e l’ironia caratterizzano molte delle sue opere e Michal usa questi strumenti per analizzare la sua personalità e le sue paure in modo innocente e senza pregiudizi, toccando argomenti come la morte e la sessualità. I suoi autoritratti costituiscono un compendio molto personale e spesso umoristico, ma è nella serie dedicata ai vizi e alle virtù dell’arte contemporanea dove il suo linguaggio beffardo raggiunge livelli esilaranti, a partire dal titolo: “Come la fotografia ha perso la sua verginità sulla via della banca”. Duane Michals ha compiuto 86 anni e continua a creare, inventando forme e tecniche al servizio del suo bisogno di esprimersi. Non importa quale sia il mezzo, ciò che conta per lui è non ripetere mai se stesso, inventare nuovi modi di comunicare con il resto del mondo, raggiungere il profondo dell’essere o ridere di se stessi. Così, negli ultimi anni, ha iniziato a produrre una serie di opere a colori che sono fatte a forma di ventaglio, ispirate alla popolare tradizione giapponese di Ukiyo-e, con l’intenzione di esplorare l’enigmatica natura fluttuante della vita contemporanea. A questo progetto segue la reinterpretazione dei vecchi ferrotipi, in cui Michals sovrappone segni e parole disegnate nell’olio. In quest’ultimo anno si è dedicato alla regia di cortometraggi della durata di sette minuti. Michals è un artista totale, appassionato di maestri come Balthus, Magritte e De Chirico, che ha voluto incontrare di persona e fotografare nel corso della sua lunga carriera e che ha ispirato visioni surreali nelle sue creazioni fantasiose. Le fotografie stampate di Duane Michals sono di piccolo formato, una caratteristica molto rara in questi tempi, ma è un altro modo in cui prova a sottolineare il rifiuto delle strategie di mercato. Come lui dice: “Non mi interessa la stampa perfetta. Mi interessa un’idea perfetta. Idee perfette sopravvivono a stampe scadenti e a riproduzioni economiche. Possono cambiare le nostre vite”.
UNO SGUARDO ALLA MOSTRA, PHOTOGALLERY