Il Carnevale di Ivrea si ferma

Carnevale di IvreaChe l’edizione 2020 del Carnevale di Ivrea, nata sotto le stelle di un anno bisesto, tra dissapori e scandali, veri o presunti, sarebbe stata, a modo suo, indimenticabile, lo si era intuito già da tempo. Ma che fosse destinata ad entrare nella storia, questo non lo poteva immaginare nessuno. Tra le lacrime degli aranceri, della Vezzosa Mugnaia, del sindaco, degli Abbà, del Generale alla guida brillante Stato Maggiore, uomini in costumi d’epoca con feluche e sciabole, e le lacrime di una città avvolta dal dolce profumo delle arance, il Carnevale di Ivrea si ferma dopo la prima delle tre giornate di battaglia. A dare lo stop, al termine di una tiepida domenica di febbraio su cui aleggiava lo spettro del corona virus, l’ordinanza comunale che, accogliendo le direttive degli organi superiori, ha messo fine alla manifestazione per ragioni di salute pubblica. E questa, dopo le sospensioni avvenute durante le due guerre mondiali e quella del1960, anno in cui, proprio nei giorni del carnevale, morì Adriano Olivetti, è la quarta volta in una storia che affonda le proprie radici nel medio evo.



Una storia in cui verità e leggenda si intrecciano per dar vita a una grande festa civica popolare dal forte valore simbolico, durante la quale la comunità di Ivrea celebra la propria capacità di autodeterminazione ricordando un episodio di affrancamento dalla tirannide di medievale memoria.

Lunedì, il giorno successivo alla chiusura anticipata e con il fantasma della festa non ancora alle spalle, spontaneamente, un corteo improvvisato con alla testa la Mugnaia e il Generale, ha sfilato per le vie del centro. Un corteo di cittadini di Ivrea, non turisti e non curiosi, ma uomini, donne e bambini che questo carnevale lo amano e lo vivono intensamente e che, con la loro semplice presenza, hanno saputo rinnovare la propria capacità di autodeterminazione contro la tirannide della paura. Che il carnevale, molto seriamente, ha provato ad esorcizzare.

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