POSTA DI GENNAIO – I nostri lettori ci scrivono

posta di gennaio

Posta di gennaio. Le lettere pubblicate su IERI OGGI DOMANI, versione stampa

Un augurio
di Buon Anno 2021

Saliamo, all’improvviso, sulla barca dell’incertezza e faticosamente remiamo con tutte le nostre forze. Siamo soli, impauriti e fragili come non mai. Più che un viaggio, la nostra traversata assume i caratteri di una vera e propria fuga dalla realtà, che non siamo più in grado di riconoscere. La normalità è divenuta sfuggevole, le nostre abitudini sono state annullate e gli obiettivi che ci eravamo prefissati sono stati cancellati. Ci guardiamo attorno spaesati, alla ricerca di un punto di riferimento in grado di indicarci la rotta da compiere. Il tempo si sospende. Dov’è il rumore delle aule affollate, il caos della strada, il sapore della pelle di chi amiamo?
Un pensiero ricorrente inizia a crescere dentro di noi: la paura del virus, della morte. Allora iniziamo a remare forte, sempre più forte, cerchiamo di allontanarci il più possibile, pian piano la nostra insicurezza si trasforma in concitazione e ci convinciamo che quella realtà di cui abbiamo dubitato ci appartiene: è la nostra vita. La traversata assume allora tutt’altro significato: non è più una fuga, ma un’occasione, perché “se non ti perdi, non trovi strade nuove”.
Auguri di Buon Anno 2021.
Fabio Manca

Panoramica
sul virus e altro




In questo tempo ci hanno raggiunti parole nuove, per indicare la nuova realtà, come lockdown, smart working, recovery fund, cashback, ma non abbiamo con ciò arricchito la nostra conoscenza scolastica dell’inglese, né tantomeno imparato questa lingua; non sarebbe stato più logico riferirci al nostro vocabolario, rispettivamente con “chiusura”, “lavoro da casa”, “fondi per la ricostruzione”, “riaccredito parziale”? E poi tutto è diventato una sigla: “Dpcm” per Decreto Presidente Consiglio dei Ministri o “DaD” per Didattica a distanza e sorvolo sull’opportunità di questa scelta, che non può essere estesa a tutti gli studenti e non consente loro rapporti fondamentali. Preferisco, al di là di queste considerazioni, rifugiarmi nella lingua che mi hanno insegnato alle elementari, quando sono entrata esprimendomi solo in “piemontese”, la “lingua piemontese” come ho scoperto anni dopo, appresa in famiglia e cresciuta con me.
E’ vero, oramai siamo globalizzati e dobbiamo allargare il nostro mondo. Comunichiamo via mail, messaggi, whatsapp, con tastiere e tastierine che presentano alfabeto, numeri, simboli sul cellulare di cui siamo tutti dotati: notizie e risposte immediate, stringate… però manca il suono della voce. La conversazione è possibile con altri tasti, sperando di premere subito quello giusto, per evitare di contattare la persona non cercata.. ma non è come parlarsi faccia a faccia. Si può scegliere la videochiamata ma siamo già sul tecnologico, un po’ lontano dalla mia normalità. Ecco il perché di questo scritto: sostituisce una virtuale conversazione con tutti voi, mentre mi assale una nostalgia ed un pensiero si fa strada.
Questo virus viene e verrà combattuto e, si spera, sconfitto. Ma quando? A volte si fa riferimento a come eravamo dopo la guerra (mi permetto “eravamo” perché c’ero anche se con pochi anni) ma il confronto non è possibile per tante ragioni. Innanzitutto la guerra era veramente finita, niente più bombardamenti, nessuna sirena di segnalazione, i soldati, sopravvissuti, rientrati. Le generazioni attive di allora, dei nostri nonni, dei nostri padri hanno avuto la forza di ripartire e sono riuscite a consegnarci un avvenire migliore di quello che avevano avuto. Le nostre mamme cucinavano, tenevano in ordine la casa, senza lavatrici e lavastoviglie, e spesso hanno cucito i nostri vestiti di bambini e sferruzzato maglie e golf rimediando spesso lane di diversi colori, opportunamente accoppiate, anche quando eravamo più grandi; i nostri papà, impegnati nel lavoro, nelle ore libere svolgevano in casa gli indispensabili interventi di artigianato, offrendo e ricevendo aiuto dagli amici più esperti. Insieme hanno cresciuto i figli, si diceva allora “insieme hanno tirato la carretta”, fatto quel che ritenevano giusto per la famiglia e noi che andavamo a scuola avevamo il dovere di studiare, pur col tempo per il gioco. Ognuno aveva il suo ruolo. Alla parola “diritto” abbiamo fatto ricorso anni dopo. Questo il ricordo che ho di allora. Ma ora?
Non dobbiamo lasciarci sopraffare dalla paura, dall’incertezza. Già Lorenzo il Magnifico recitava “..di diman non c’è certezza…” e questo vale da sempre… per sempre. Però questo morbo, subdolo, stiamo scoprendo che può tornare a colpire: è ben più di un’influenza, spesso lascia gravi conseguenze e arriva purtroppo in tanti casi ad essere letale come ci dicono giornalmente tutti i notiziari. Responsabilmente rispettiamo le regole, ricorriamo a test sierologici, tamponi, vaccini (da ripetere ogni anno?). Al riguardo il fisico e scrittore torinese Paolo Giordano, vincitore dello Strega nel 2008, autore del libro “Nel contagio” che tratta dell’attuale realtà, compresa la pandemia, commenta: “è pericolosissimo aspettare passivi l’arrivo di un vaccino considerato come una panacea” (La Stampa, 3 dicembre 2020). Dobbiamo alzare la testa e prepararci a rispolverare, se non l’abbiamo già fatto, termini da tradurre in altro modus vivendi quali sacrifici, rinunce, accontentandoci.
Ma ognuno deve fare la sua parte e spetta alle classi dirigenti, alle istituzioni, in primis ai politici, prendere i provvedimenti necessari perché “possiamo, tutti insieme, farcela”. Mi chiedo se chi era al comando, dopo la guerra, abbia deciso, assumendone la completa responsabilità, senza bisogno di ricorrere ad eccellenze esterne. Ma allora non si conosceva neanche il termine “task force”.
Ora non possiamo, non dobbiamo permettere che questo coronavirus rovini quanto in questi anni è stato costruito con impegno, con entusiasmo, in tessuto di relazioni e di iniziative che hanno portato alla valorizzazione del nostro territorio.
Mi viene l’immagine di un fiume in piena che erode le sponde: bisogna fermarlo. Tutti insieme, ma bisogna farlo in sicurezza.
Marilena Cavallero

I medici
ringraziano
per il supporto

I dottori Ludovico Bisetto e Sergio Giancola desiderano ringraziare l’Amministrazione comunale di Carignano, e in particolare il sindaco Giorgio Albertino, per la disponibilità nel concedere i locali per la somministrazione del vaccino antinfluenzale ai loro assistiti.
Un grazie speciale va alla Protezione civile per la presenza costante e l’efficienza con cui è stato regolamentato il flusso delle persone.
Dott. Sergio Giancola
Dott. Ludovico Bisetto

Quali tempi
ci aspettano

Ancora auguri di un anno migliore (ma ci credo poco anch’io).
Sorvolo sulle criticità sanitarie a tutti evidenti e mi concentro sull’economia, colpita, non meno gravemente, da un virus che si diffonde altrettanto velocemente.
Entro la fine del 2021, forse, avremo vaccinato tutti ma: i giovani avranno perso un secondo anno scolastico; avremo perso definitivamente almeno un terzo delle nostre imprese (prevalentemente quelle piccole); avremo almeno un milione di disoccupati in più che si aggiungeranno agli attuali; avremo un calo del PIL intorno al 10%, con la conseguente riduzione del gettito fiscale (se non si guadagna non c’è base imponibile); avremo, forse, ricevuto 200 miliardi dall’Europa e sul loro impiego ho molte riserve; avremo un nuovo incremento della spesa pubblica con una esplosione del rapporto Debito/PIL che si avvicinerà al 200%.
Una qualunque impresa, con questi indicatori, verrebbe dichiarata fallita e gli amministratori arrestati.
Con queste premesse, che spero vengano smentite, mi chiedo cosa sarà di noi?
Non è che magari qualcuno se ne accorgerà e ci dirà: “cari italiani, così non va”?! E “Avete già pagato una tassa per entrare in Europa, ora dovete pagarne un’altra per restare e, visto che il vostro risparmio privato, almeno percentualmente, è il più elevato d’Europa attingete da lì per sistemare i conti (dimezzare il debito) con un nuovo blitz notturno sui conti o una patrimoniale non inferiore al 25-30%”?!
Magari il tutto inserito in un’ Europa a due velocità, con il gruppo di testa che va verso un vero stato federale e mantiene l’euro, mentre gli altri pian piano si allontaneranno e della cui sorte al momento non saprei dire.
Se facessimo parte del ristretto gruppo che costituirebbe uno stato federale vero, per quanto costoso, nel lungo periodo, potrebbe essere vantaggioso in quanto i tre elementi essenziali che caratterizzano lo stato – politica economica e fiscale, difesa e giustizia- sarebbero tolti ai nostri venditori di bibite, odontotecnici, studenti fuori corso (ricordando solo i migliori) ed altri meno noti ma altrettanto “capaci”.
Se venissimo esclusi dal gruppo di testa, a mio avviso molto probabile, all’uscita-cacciata dall’euro conseguirebbe una drammatica svalutazione della nuova moneta (circa il 50 per cento) rispetto alle principali monete mondiali (dollaro ed euro), con una equivalente spinta inflattiva che, contemporaneamente, mangerebbe il debito pubblico ed il risparmio privato, ma senza neanche toglierci i cervelloni di cui sopra che continuerebbero a far danni.
Comincio a rimpiangere quando eravamo governati da Piccoli, Preti, Storti e Malfatti: gli over 60 ricorderanno che erano brutti tempi ma questi sono peggiori.
Chi crede in Dio, ed anche chi non ci crede, preghi perché mi sbagli!

Lettera firmata

Questa la posta di gennaio 2021 su Ieri Oggi Domani, versione stampa. Per scrivere alla Redazione inviate le vostre e-mail, complete di nome e cognome, firma e recapito, a redazione@ierioggidomani.it. La Redazione ricorda che lettere anonime e prive di firma non vengono prese in considerazione.

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