La pietra verde del Monviso, la giada che dalla Valle Po ha raggiunto tutta Europa

MonvisoÈ difficile non riconoscere il Monviso, la cui forma quasi perfettamente triangolare spicca tra le montagne che circondano le pianure del sud del Piemonte, ma se molti conoscono bene il monte chiamato anche il Re di Pietra, non tutti sanno che una sua peculiare caratteristica l’ha reso di fondamentale importanza per moltissimi popoli primitivi che hanno così esportato la sua preziosa pietra in tutta Europa.

L’importanza del Monviso

Il Monviso è la montagna più alta della Alpi Cozie, si staglia a 3.841 nella Valle Po ed è celebre anche per essere il luogo di nascita del fiume più lungo d’Italia, il Po. La sua presenza regala all’area detta Terre del Monviso uno scenario da cartolina e nelle giornate più pulite pare che la sua punta sia visibile anche da Milano. Il Monviso è un punto di riferimento per gli abitanti dell’area, tanto che viene utilizzato, con poche basi scientifiche, anche come segnatempo: si dice infatti che quando il Monviso ha il cappuccio, cioè la sua cima è coperta dalle nubi, ci sarà cattivo tempo. La montagna è anche protagonista di leggende metropolitane che molti piemontesi credono essere vere, come quella che la vuole raffigurata nel simbolo ufficiale della casa di produzione Paramount Pictures, a causa della somiglianza tra il Monviso con la montagna del celebre logo.

Ancora oggi il Monviso è, soprattutto d’estate, una destinazione di riferimento per escursionisti e amanti della montagna provenienti da tutta la regione e non solo che lungo diversi giorni effettuano il cosiddetto giro di Viso o si cimentano nella pericolosa salita in vetta. Sebbene quindi questa montagna abbia un ruolo fondamentale per la popolazione del sud Piemonte tutt’oggi, sono in pochi a conoscerne la storia e a sapere che il Monviso custodisce un materiale che per millenni è stato considerato estremamente prezioso dai popoli neolitici d’Europa.


La pietra verde del Monviso

Quando pensiamo a ricchi giacimenti di materiali preziosi solitamente ci vengono in mente immagini alquanto stereotipate di misteriose e pericolose miniere. Pensiamo infatti a giacimenti sotterranei che custodiscono pietre luccicanti di enorme valore e la cui estrazione può essere estremamente difficoltosa, per quanto remunerativa. Nell’immaginario collettivo le prime a venire in mente sono ad esempio le miniere oscure di Moria, protagoniste di una celebre scena che avviene nel primo film della trilogia de Il signore degli anelli di J.R.R. Tolkien, oggi disponibile in streaming su Amazon Prima Video, oppure immaginiamo giacimenti sotterranei ricchi di preziosi scavati al lume di candela e percorsi dai tipici carrelli su rotaia come quelli protagonisti della slot online Mining Fever di Betway, o ci vengono infine in mente tragiche storie di sfruttamento come quella raccontata da Verga in Rosso Malpelo, scaricabile ancora oggi in formato ebook su Feltrinelli.

Difficilmente immaginiamo cave, magari a cielo aperto, da cui venisse estratta una pietra a prima vista poco preziosa ma, dall’aspetto unico nel suo genere e per questo considerata estremamente di fondamentale valore in tutta Europa. È però questo ciò che avvenne nel Monviso, dove durante il Neolitico le popolazioni autoctone iniziarono a estrarre la cosiddetta pietra verde del Monviso, una giada dalla tonalità verde che ricorda per molti aspetti la giada originaria dalla Cina. Non si sa bene in che modo per la prima volta le popolazioni neolitiche siano entrate in contatto con la pietra, ma alcune teorie avanzano l’ipotesi che i pastori, che usavano la montagna come riparo mentre gli animali pascolavano, abbiano iniziato a portare a valle la giada dopo le stagioni passate in alpeggio. Secondo gli studi effettuati nel 2003 i principali giacimenti erano infatti in alta quota a circa 2.400 metri di altitudine. Quel che è certo è che quando iniziò a diffondersi, la pietra del Monviso piacque così tanto anche ancora oggi se ne trovano resti in tutta Europa.


La storia della pietra verde

Gli esperti sono d’accordo nell’affermare che la diffusione della pietra del Monviso ebbe luogo all’incirca tra il 5.600 e il 3.800, periodo nel quale la pietra raggiunse il Somerset, in Gran Bretagna, la Bulgaria e la Danimarca, distanze che ci raccontano anche la storia di un Neolitico caratterizzato da commerci e ricche comunicazioni tra le popolazioni europee. La pietra era inoltre considerata talmente importante e di valore da non venire usata nella vita di tutti i giorni. La giada venne infatti principalmente, ma non solo, utilizzata per la fabbricazione di asce, il cui primo processo di lavorazione iniziava proprio sul Monviso, che non riportano segni di usura e che quindi avevano probabilmente una finalità principalmente rituale.

C’è perfino chi ipotizza che, a causa del colore unico di questa pietra, che veniva lavorata fino a risultare quasi trasparente, le asce fossero legate alle divinità dei lampi e dei tuoni e quindi utilizzate per incanalare il potere di questi dei. Ciò che è certo è che l’enorme diffusione di queste asce fu per lungo tempo un enorme interrogativo tra gli studiosi che non riuscivano a capire dove si trovassero i siti di scavo di questo materiale. La risposta è arrivata grazie alla scoperta di sedimenti di scarti di produzione e dei giacimenti che ha permesso, in un certo senso, di riportare la pietra del Monviso a casa dando infatti il via all’organizzazione di diversi mostre nel territorio come la mostra organizzata nelle Antiche Scuderie a Saluzzo o quella organizzata a Pinerolo dal Cesmap, il Centro Studi e Museo di Arte Preistorica.


Da montagna dalla forma inconfondibile, luogo natale di uno dei fiumi più importanti del Paese e meta per amanti delle escursioni, negli ultimi anni il Monviso ha anche assunto il titolo di sito d’origine della celebre pietra verde le cui caratteristiche uniche hanno dato vita a manufatti unici più di 7.000 anni fa.

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