STORIA & STORIE – PENSIERANGOLI DI PAOLO CASTAGNO – Le amare lacrime della borgata Brassi e tracce di un Egitto che non c’è

brassi

Le amare lacrime della borgata Brassi e tracce di un Egitto che non c’è
Quando la odonomastica non è una questione di stile

Qualche anno fa una Amministrazione carignanese, nel furor sacro di attribuire nomi in lingua piemontese a luoghi e vie cittadine, ma con estremo merito (e questo va riconosciuto), fece un po’ di ordine all’interno della popolosa Borgata Brassi. Alle strade interne furono attribuiti nomi che purtroppo non sempre avevano un senso storico con l’agglomerato secentesco (vedi Via dla Torasa) e fu creata la Via del Mèr. Con grande mio sconcerto, perché non capivo per quale ragione si tentasse di celebrare “l’amaro” in una borgata cittadina. Forse si voleva attribuire alla via di ingresso il nome di Via del Mare, in analogia con la non lontana omonima in territorio piobesino. Ma il risultato non è stato dei migliori. Per giustificarsi dell’errore, e per aggiungere sconforto allo sconforto, si disse che un tempo ai Brassi c’era un lago o una palude (il “mare” dei piemontesi) poi prosciugata dal lavoro alacre degli abitanti, per rendere salubre il luogo. E qualche romantico s’azzardò persino a creare la leggenda di una popolana dei Brassi, la quale estinse nelle lacrime il suo amore per un giovane del luogo, morto in guerra. Ma ciò non riduce il danno. In piemontese, il “mare” è il “mar”, “l’amaro” è “’l mèr”. Ma tant’è.

giovani a carignanoSenza dare tutte le colpe alla politica, dobbiamo ammettere che neppure il concentrico è stato trattato meglio. L’antica piazza del Suffragio o della Misericordia diventò poi piazza Regina Margherita, per ricordare e onorare la prima regina d’Italia, moglie di un Umberto I di Savoia che giustificava le scorrerie assassine del generale Bava Beccaris sugli operai torinesi in rivolta per la fame, e che nel 1899 era in rivista a Carignano. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, allo spazio urbano fu attribuito il nome di piazza Liberazione: ma l’alto monumento eretto nel 1921 con il contributo degli industriali Bona, su cui svetta la vittoria alata proveniente dai cantieri di fusione per le statue del Vittoriano di Roma, poco per volta prese il sopravvento nella odonomastica. Tanto che la piazza diventò, nel parlato popolare di molti, la piazza del Monumento e poi la piazza dell’Angelo. Ma l’angelo non esiste, ripeto, è una vittoria alata. Peggio fecero i carignanesi negli Anni Duemila, che iniziarono a chiamarla volgarmente piazza dell’Obelisco. Posso capire l’interesse sabaudo per le origini mitiche di Torino, fondata da un principe egiziano che portò sulle rive dell’Eridano il culto per il toro. Meno giustificabile è chiamare “obelisco” la “colonna onoraria” che impreziosisce lo spazio plateale, a perenne memoria dei morti carignanesi nelle varie guerre tra Otto e Novecento. La colonna onoraria era eretta a Roma e nell’Impero per celebrare le vittorie romane sui nemici, onde lasciare memoria ai posteri di gloriosi eventi bellici. A volte le colonne erano interamente rivestite da rilievi scolpiti con scene che raccontavano le gesta militari, oppure erano più semplici ma sormontate dalla statua del vincitore. La colonna carignanese è una miscela delle due tipologie. Ben lontana dall’obelisco, monumento commemorativo dell’Egitto antico, di forma quadrangolare allungata, terminante con punta piramidale.
Esclusa l’origine egiziana di Carignano, escluso il lago delle lacrime dei Brassi, lascio ai Carignanesi il compito di trovare sulle carte di Google Maps la località San Bernardo di Carignano, detta popolarmente “la fnia”. Sì, ma san Bernardo da Chiaravalle o san Bernardo d’Aosta?

STORIA & STORIE – Pensierangoli e brevi scritti sulla storia di Carignano di Paolo Castagno

 




Condividi questo articolo

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.