Percorsi inediti di un visionario – “Variazioni sulla fotografia”: Nino Migliori al MEF

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Beccheria dalla serie “Gente del Sud”, 1956 © Fondazione Nino Migliori, courtesy Admira, Milano

Ciò che di straordinario c’è nell’opera di Nino Migliori è la capacità di andare oltre le consuetudini del  linguaggio fotografico per indagare ogni possibile variante e scardinare le formule del conosciuto. Immaginazione e curiosità lavorano tutt’oggi nella sua mente,  forgiata nelle  frequentazioni dell’arte informale e nell’epoca del passaggio dalla fotografia come documento alla  fotografia come espressione artistica.  La mostra “Nino Migliori – Variazioni sulla fotografia” realizzata in collaborazione con la Fondazione Nino Migliori di Bologna, inaugurata il 23 marzo e aperta al pubblico fino al 2 luglio al MEF – Museo Ettore Fico di Torino (via Francesco Cigna 114  – www.museofico.it)  propone un percorso che si snoda attraverso più  di settanta anni di produzione artistica con un focus originale che raggruppa le opere in riferimento  agli elementi determinanti nel processo creativo. Abbandonando la classica configurazione cronologica o la consueta divisione per approccio  concettuale, sperimentale o realista, il percorso vuole evidenziare le infinite variazioni sulla  fotografia realizzate da Migliori grazie agli elementi del tempo, del segno e dello spazio. Ogni lavoro rappresenta un modo di sovvertire lo scibile fotografico e affrontare nuovi cammini,  nuovi utilizzi, forzando fino all’impossibile ciò che lo strumento della fotografia porta in sé.

Il concept della mostra, a cura di Enrica Viganò (testi in catalogo di Enrica Viganò e Andrea Busto)  vuol far entrare il visitatore nella mente poliedrica e rivoluzionaria di Migliori,  accompagnandolo nel percorso espositivo come in una visita guidata tra i meandri del pensiero  dell’artista.

 




Tutti gli elementi primari rientrano comunque nel suo processo creativo. Nulla di nuovo nell’impianto  di partenza, cioè: luce, spazio e tempo. Gli strumenti del mestiere canonici (fino a vent’anni fa)  cioè: pellicola, carta sensibile, sviluppo, fissaggio, acqua, calore. E, infine, la perizia tecnica di base,  cioè: chimica, fisica, ingranditore, camera oscura, manualità, controllo. Gli ingredienti della ricetta  sono sempre gli stessi, ma nelle mani di un rivoluzionario come Nino Migliori conducono a esiti  sorprendenti. La combinazione dei fattori viene, infatti, elaborata da una mente sconfinata, che  ascolta il sé in tutte le sue modulazioni, e recepisce gli stimoli esteriori come un inno alla vita.

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Appennino toscano, 1987 © Fondazione Nino Migliori, courtesy Admira, Milano

Nino Migliori (Bologna, 1926) inizia a fotografare nel 1948. La sua opera fotografica di svolge  attraverso uno dei percorsi più diramati e interessanti della cultura d’immagine europea. Gli inizi appaiono divisi tra fotografia neorealista, con una particolare idea di racconto  in sequenza, e una sperimentazione sui materiali del tutto originale e inedita. Da una  parte, quindi, in pochissimi anni, nasce un corpus segnato dalla cifra stilistica dominante  dell’epoca, il Neorealismo: una visione della realtà fondata sul primato del “popolare”, con  le sue subordinate di regionalismo e di umanitarismo. Sull’altro versante Migliori produce  fotografie off-camera, opere che non hanno confronti nel panorama della fotografia mondiale,  sono comprensibili solo se letti all’interno del versante più avanzato dell’informale europeo con  esiti spesso in anticipo sui più conosciuti episodi pittorici. Dalla fine degli anni Sessanta il suo  lavoro assume valenze concettuali ed è questa la direzione che negli anni successivi tende a  prevalere.

Sue opere sono conservate presso: MamBo – Bologna; Galleria d’Arte Moderna e  Contemporanea – Torino; CSAC – Parma; Museo d’Arte Contemporanea Pecci – Prato;  Galleria d’Arte Moderna – Roma; Calcografia Nazionale – Roma; MNAC – Barcellona;  Museum of Modern Art – New York; Museum of Fine Arts – Houston; Museum of Fine Arts  – Boston; Musée Reattu – Arles; SFMOMA – San Francisco, The Metropolitan Museum of  Art e MOMA – New York; Maison Européenne de la Photographie – Parigi ed altre importanti  collezioni pubbliche e private.

Sperimentatore, sensibile esploratore e alternativo lettore, le sue produzioni visive sono sempre  state caratterizzate da una grande capacità visionaria che ha saputo infondere in un’opera  originale e inedita. È l’autore che meglio rappresenta la straordinaria avventura della fotografia  che, da strumento documentario, assume valori e contenuti legati all’arte, alla sperimentazione  e al gioco. Oggi si considera Migliori come un vero architetto della visione. Ogni suo lavoro è  frutto di un progetto preciso sul potere dell’immagine, tema che ha caratterizzato tutta la sua  produzione.

“Pensate agli elementi che costituiscono lo specifico fotografico  –  scrive in catalogo Enrica  Viganò – e poi stravolgeteli completamente. Pensate a tutte le componenti necessarie per la  “scrittura con la luce” e invece di utilizzarle nella funzione e sequenza cui erano destinate,  provate a sovvertirne l’ordine. Forse così riuscirete ad avvicinarvi all’universo artistico di Nino Migliori, che da più di  settant’anni si ribella alle consuetudini, sperimentando e inventando percorsi inediti”.

 




 

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