Cosa l’uomo rischia di perdere – L’American Nature, selvaggia e primordiale, di Mitch Eptsein tra bellezza e fragilità

Tree-Sits, Camp White Pine, Huntingdon County, Pennsylvania 2017(c) Mitch Eptsein
Inaugurata a ottobre, sarà visitabile fino al 2 marzo prossimo alle Gallerie d’Italia di Torino (Il Museo di Intesa Sanpaolo a Palazzo Turinetti, piazza San Carlo 156 – gallerieditalia.com), la mostra “Mitch Eptsein. American nature”, la più importante retrospettiva del fotografo americano. Le sue opere, di grande formato, immergono i visitatori in una natura selvaggia primordiale non alterata dagli esseri umani, celebrando la maestosità e la resilienza di questi antichi regni viventi ed evidenziando ciò che l’uomo rischia di perdere a causa della crisi climatica.
Per la prima volta vengono proposte insieme le serie fotografiche più significative degli ultimi vent’anni di Mitch Epstein in cui esplora i conflitti tra la società americana e la natura selvaggia nel contesto del cambiamento climatico globale: American Power, Property Rights e Old Growth.

Ancient Bristlecone Pine Forest, California 2022 Mitch Eptsein
In American Power l’artista si concentra su come le nazioni e gli interessi privati sfruttano la natura, documentando l’impatto della produzione e del consumo di energia sul paesaggio e sulla popolazione degli Stati Uniti. Dal 2003 al 2008 Epstein ha viaggiato per il Paese per fotografare i siti di produzione di combustibili fossili e di energia nucleare, nonché le comunità che vivono accanto ad essi.
Nella serie fotografica Property Rights, Mitch Epstein si domanda a chi appartenga la terra e chi ha il diritto di sfruttarne o saccheggiarne le risorse. Queste fotografie indagano le complesse dinamiche della proprietà terriera in un paese basato sull’espansione coloniale e sullo sviluppo industriale. Epstein ha iniziato la serie Property Rights nella riserva Sioux di Standing Rock nel 2017. Le sue conversazioni e le sessioni di ritratti con gli anziani nativi lo hanno ispirato a cercare altri conflitti fondiari, in cui la gente comune ha creato movimenti straordinari per difendere la terra dalle acquisizioni da parte del governo e delle imprese.
L’ultima opera di Epstein, Old Growth (di cui si presenta in anteprima una parte commissionata da Intesa Sanpaolo )celebra le antiche foreste sopravvissute in regioni remote degli Stati Uniti. La quasi totalità delle antiche foreste americane, circa il 95%, è stato infatti distrutto nel secolo scorso. Epstein ha deciso di fotografare singoli alberi e biosistemi interdipendenti che sono sopravvissuti per secoli, molti per millenni.
L’esposizione è completata dal progetto Forest Waves, un’installazione video e sonora delle quattro stagioni nelle foreste del Berkshire. Il video dei boschi che circonderà gli spettatori è accompagnato da una colonna sonora ipnotica dei musicisti Mike Tamburo e Samer Ghadry, registrata in quelle stesse foreste.
L’Arena delle Gallerie d’Italia – Torino ospita inoltre il cortometraggio di Epstein Darius Kinsey: Clear Cut, una raccolta visivamente avvincente di fotogrammi del fotografo di inizio XX secolo Darius Kinsey (1859-1945), che mostra eroici taglialegna in posa accanto a enormi alberi abbattuti nel nord-ovest americano. La proiezione è impostata sulla musica scritta da David Lang ed eseguita dalla violoncellista e cantante Maya Beiser.

Amos Coal Power Plant, Raymond, West Virginia 2004 (c) Mitch Eptsein
Insieme, queste due installazioni sono un omaggio alla natura selvaggia americana, un inno a ciò che resta e un’elegia per ciò che è stato distrutto.
Michele Coppola, executive director Arte, Cultura e Beni Storici Intesa Sanpaolo, afferma: “Le fotografie di Mitch Epstein raccontano la bellezza e la fragilità della “natura americana” e in quelle opere spettacolari leggiamo indiscutibilmente l’obbligo di prenderci cura del pianeta. Lavorare con i più grandi fotografi al mondo significa ragionare sull’attualità grazie a un punto di vista privilegiato. Alcune immagini rimarranno per sempre nella nostra memoria per la loro eleganza, delicatezza e forza”.
La mostra è curata da Brian Wallis, direttore esecutivo del Center for Photography di Woodstock.