MARZO 2025 IL NOTAIO RISPONDE A cura del notaio Gabriele Naddeo www.notaionaddeo.it – www.gabrielenaddeo.it

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IL NOTAIO RISPONDE – MARZO 2025

A cura del notaio Gabriele Naddeo

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– Vorrei convertire un negozio di mia proprietà in abitazione. È possibile farlo? Quali passaggi occorre seguire?

Il lettore si riferisce, con ogni probabilità, al cosiddetto cambio di destinazione d’uso di un’unità immobiliare. Tale cambio comporta in effetti che un’unità immobiliare precedentemente accatastata con una determinata categoria (ad esempio C1), venga trasformata in unità immobiliare con diversa categoria (ad esempio A/3): in questo caso, dunque, l’unità da laboratorio diventerebbe abitativo. Per fare questo passaggio si deve, innanzitutto, procedere con una variazione catastale, poiché è nel catasto che le unità immobiliari vengono assoggettate ad una determinata categoria; contestualmente, tuttavia, sarà opportuno verificare se si debba svolgere una pratica in comune, qualora richiesto dalla normativa nazionale vigente ovvero dai regolamenti comunali. Per compiere tutte queste attività appare quantomeno opportuno rivolgersi ad un professionista che abbia le competenze in materia, come ad esempio un geometra o di un architetto. Dal punto di vista notarile, è molto importante che il proprietario svolga tutte le attività in maniera corretta, perché altrimenti sarebbe a rischio la possibilità di procedere alla vendita del bene, o ad altro atto adesso inerente.

– Sto per acquistare un magazzino. Può diventare pertinenziale? In caso affermativo si applicano le agevolazioni prima casa?

In primo luogo, per rispondere correttamente al lettore, è opportuno ricordare il principio che vige in materia fiscale in merito al trattamento delle pertinenze: esse, in quanto beni “accessori“ del bene principale, seguono il medesimo regime fiscale del bene principale medesimo. Qualora, ad esempio, io compri un’abitazione da un privato col pagamento dell’imposta di registro sul valore catastale, anche sulla pertinenza che acquisterò, indipendentemente dalla sua categoria catastale, pagherò l’imposta sul valore catastale della stessa. Vi è però una differenza per quanto riguarda l’applicabilità delle imposte inerenti le cosiddette agevolazioni prima casa: il testo unico dell’imposta di registro, infatti, dispone che solo i beni censiti con la categoria C2, C/6 e C/7, possono essere acquistati con le agevolazioni prima casa. Le sopraelencate categorie si sostanziano in cantine, magazzini, posti auto, autorimesse, soffitte e tettoie; ne deriva, dunque, che qualsiasi altra categoria catastale, seppur pertinenziale, non può sfruttare le agevolazioni prima casa. Un particolare discorso va fatto rispetto ai terreni: una risoluzione piuttosto recente dell’agenzia delle entrate, infatti, prevede che le imposte sul terreno di pertinenzialità, qualora esso abbia una propria rendita catastale, possono essere pagate sul valore catastale del medesimo. Venendo al caso di specie, qualora il magazzino che intende acquistare il lettore sia compreso tra le categorie sopraelencate (solitamente i magazzini sono censiti come C2) potranno essere sfruttate le agevolazioni prima casa; il tutto, ovviamente, fermo restando che il magazzino che si intende comprare possa essere effettivamente utilizzato come pertinenza dell’abitazione del lettore.

– Quale quota del proprio patrimonio il testatore può liberamente disporre? Cosa succede se non viene rispettata la legittima?

Si deve, innanzitutto, far presente che non in tutti i casi il testatore ha solo una quota di cui può liberamente disporre: ciò poiché, in effetti, dipende dal rapporto che gli eredi, o meglio i chiamati all’eredità, hanno con il defunto. Se il testatore, infatti, lascia dopo di sé genitori in vita o ascendenti, coniuge, figli o discendenti, tutti questi hanno diritto alla cosiddetta quota di legittima che corrisponde ad un minimo loro spettante sul patrimonio ereditario; va da sé, dunque, che se un minimo del patrimonio spetta a queste figure, vi sarà un’altra porzione di cui il testatore potrà liberamente disporre. Se, al contrario, il testatore non lascia dopo di sé genitori, coniuge, figli, ascendenti o discendenti, ma altri parenti (ad esempio fratelli) od anche solo estranei, egli non avrà limiti in merito all’entità del patrimonio che vorrà destinare con il testamento. Entrando più nello specifico, è opportuno far presente che le quote di legittima e, di riflesso, la quota disponibile, mutano a seconda della qualità degli eredi aventi diritto alla quota di legittima ed il loro numero; per dare un’idea si può andare da un minimo di un quarto ad un massimo di un mezzo di quota disponibile. Cosa succede se il testatore destina una quota del proprio patrimonio superiore alla quota disponibile, a soggetti non titolari od aventi diritto alla quota di legittima? Succede che questi ultimi, una volta pubblicato il testamento ossia dopo la morte del testatore e non certo prima, possono impugnare il testamento e renderlo inefficace per la parte in cui lede le quote di legittima. La conseguenza giuridica, dunque, è che il testamento diventa inefficace non invalido; gli eredi legittimari (quelli che hanno diritto alla legittima) potrebbero, tuttavia, aderire al testamento ed accettarlo così come scritto dal defunto: in tal caso il testamento rimane efficace e le quote verranno assegnate secondo la volontà del testatore.

– Vivo in affitto, ma sono proprietario di un immobile in passato locato come ufficio. Posso utilizzare questo bene per sottoscrivere un prestito vitalizio ipotecario?

Il lettore, qualora abbia i requisiti previsti dalla legge in materia, ben potrà sottoscrivere un prestito vitalizio ipotecario. Tra i requisiti, vi è quello fondamentale che l’immobile sia residenziale: il lettore ha scritto che l’immobile in passato è stato locato come ufficio, ma se appartiene alla categoria catastale degli abitativi (tra A/1 e A/9) ben potrà porlo a garanzia del prestito. Questo istituto, in buona sostanza, si concretizza nell’ottenere un prestito da un istituto di credito fornendo a garanzia un bene immobile, senza l’obbligo di restituire il prestito medesimo, e con previsione espressa che la restituzione potrà essere effettuata dagli eredi del soggetto che ha beneficiato del prestito i quali, a loro volta, potranno scegliere se restituire il prestito e trattenere così nel loro patrimonio il bene immobile, oppure non restituire il prestito consentendo all’istituto di credito di mantenere la proprietà dell’immobile stesso. Per un approfondimento della disciplina in materia di vitalizio ipotecario, si rinvia al sito https://www.gabrielenaddeo.it/2019/01/07/prestito-vitalizio-ipotecario/.

– Sto comprando casa, ma l’immobile è al momento privo di Ape. Si può procedere comunque con il rogito?

In caso di compravendita il venditore deve essere in possesso dell’attestato di prestazione energetica inerente l’unità abitativa che intende vendere, e tale attestato deve essere completo di tutte le informazioni previste dalla legge in materia; è inoltre obbligatorio che all’atto di compravendita venga allegato l’attestato di prestazione energetica, in originale o in copia conforme all’originale.

NOVITA’ GIURISPRUDENZIALI

SUPERFICIE

Cassazione, sentenza 23 febbraio 2024, n. 4914, sez. II civile

SUPERFICIE – Abusiva costruzione su terreno demaniale – Completamento procedura di rilascio della concessione in sanatoria ex art. 32 della l. n. 47 del 1985 – Conseguenze – Proprietà superficiaria del privato – Accessione ex art. 934 c.c. – Esclusione.

La corte di cassazione, con questa sentenza, ammette la possibilità di acquistare un diritto reale di natura privatistica attraverso una procedura di carattere amministrativo: la corte, infatti, afferma che qualora un soggetto abbia costruito abusivamente un manufatto sul terreno demaniale e, successivamente, abbia ottenuto una concessione in sanatoria in merito al medesimo manufatto, egli ne acquista la proprietà superficiaria. In altri termini, dunque, in ipotesi di abusiva costruzione su terreno demaniale, il positivo completamento della procedura di rilascio della concessione in sanatoria prevista dall’art. 32 della l. n. 47 del 1985. da accertarsi dal giudice di merito secondo i normali criteri di interpretazione dei contratti e degli atti amministrativi, supera l’originario difetto del titolo autorizzativo alla realizzazione del manufatto eretto dal privato su area di proprietà pubblica di talché al rilascio della concessione in sanatoria concernente un manufatto eretto su area demaniale consegue la configurabilità, in capo al soggetto che la ottenga, di un diritto reale sul bene, declinabile in termini di proprietà superficiaria, con esclusione dell’operatività del criterio dell’accessione.

RENDITA VITALIZIA

Cassazione, ordinanza 26 marzo 2024, n. 8116, Sez. III civile

RENDITA VITALIZIA (CONTRATTO DI) – IN GENERE (NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONI) Alea – Nozione – Equivalenza del rischio – Necessità – Accertamento – Criteri – Mancanza dell’equivalenza – Conseguenze – Fattispecie.

Con questa ordinanza, la corte di cassazione torna sul solco già tracciato in precedenza con altri provvedimenti in merito alla cosiddetta “equivalenza del rischio“: in altri termini, in tutti i casi di rendita vitalizia e, aggiungo io, di mantenimento, pur non potendosi conoscere l’entità della prestazione da eseguire da parte dei soggetti che dovranno versare la rendita, ovvero mantenere il beneficiario, la prestazione da eseguirsi da parte di costoro dovrà avere – secondo i criteri di cui più avanti – un valore approssimativamente vicino a quanto versato dal beneficiario. In tema di accertamento dell’alea nella rendita vitalizia, la cui mancanza, trattandosi di elemento essenziale del contratto, ne determina la nullità, è necessario verificare, sulla base delle pattuizioni negoziali, se sussisteva o meno tra le parti il requisito della “equivalenza del rischio”, cioè se al momento della conclusione del contratto era configurabile per il vitaliziato ed il vitaliziante un’uguale probabilità di guadagno o di perdita, dovendosi tenere conto, a tal fine, con riferimento alle prestazioni delle parti, sia dell’entità della rendita che della presumibile durata della stessa, in relazione alla possibilità di sopravvivenza del beneficiario; ne consegue che l’alea deve ritenersi mancante e, per l’effetto, nullo il contratto se, per l’età e le condizioni di salute del vitaliziato, già al momento del contratto era prefigurabile, con ragionevole certezza, il tempo del suo decesso e quindi possibile calcolare, per entrambe le parti, guadagni e perdite.

PRELAZIONE AGRARIA

Cassazione, ordinanza 9 aprile 2024, n. 9570, sez. III civile

CONTRATTI AGRARI – DIRITTO DI PRELAZIONE E DI RISCATTO – IN GENERE Concorso tra più titolari del diritto di prelazione e del conseguente diritto di riscatto agrario – Soluzione del conflitto ad opera del giudice – Insussistenza negli aspiranti dei titoli preferenziali ex art. 7 del d.lgs. n. 228 del 2001 – Criteri di scelta del contraente – Individuazione – C.d. libertà contrattuale – Esclusione – Maggiore o minore attitudine a concretare la finalità delle norme – Necessità – Fondamento.

Per la Corte di Cassazione, in caso di più aventi diritto alla prelazione, va preferito chi – maggiormente – potrebbe realizzare l’ampliamento delle dimensioni territoriali dell’azienda diretto-coltivatrice che meglio realizzi le esigenze di ricomposizione fondiaria, di sviluppo aziendale e di costituzione di unità produttive efficienti sotto il profilo tecnico ed economico: per la Corte non vige né il principio di precedenza (ossia chi esercita il diritto per primo vince), né la possibilità per il venditore di scegliere chi preferire. Tutto questo vale, per la Corte, se nessuno degli aspiranti gode dei titoli preferenziali riconosciuti dall’art. 7 del d.lgs. n. 228 del 2001. Il giudice, pertanto, deve accordare prevalenza ad uno piuttosto che agli altri in base alla maggiore o minore attitudine a realizzare l’obiettivo per il quale la prelazione è stabilita, ossia l’arrotondamento della piccola proprietà contadina, prescindendo dalla priorità temporale dell’iniziativa dell’uno o dell’altro, e senza che possa trovare applicazione il criterio della libera scelta da parte del venditore, atteso che la norma citata non ha rivoluzionato i criteri già contenuti nell’art. 8 della l. n. 590 del 1965 e nell’art. 7 della l. n. 817 del 1971, ma ne ha introdotti altri, più moderni, lasciando immutati gli obiettivi del sistema della prelazione e del riscatto agrario.

 

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