Pasqua in Carinzia nella natura e immersi nella tradizione, assaporando piatti tipici e l’atmosfera delle feste

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Sul versante meridionale delle Alpi austriache, al confine con il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia e con la Slovenia: la regione della Carinzia è più vicina all’Italia di quanto forse si immagini. In auto da Venezia a Villach sono 2 ore e mezza di viaggio, in treno 3 ore e 50 minuti (e, tra l’altro, a pochi chilometri anche da Gorizia e Nova Gorica, proclamate Città europee della Cultura 2025). Cultura e natura, delizie gastronomiche e gioia di vivere, montagna e lago sono il mix che ne fanno un luogo straordinario di diversità e rigenerazione tutto l’anno.
Vale la pena pensarci, magari già in vista delle festività pasquali che, in questi territori, sono molto amate e offrono l’occasione, oltre alle visite di città e villaggi e alle passeggiate e allo sport nella natura, di apprezzare la cucina e le specialità di una regione che è, non a caso, meta Slow Travel, la prima in assoluto. Tesori artistici unici, deliziose merende a base di prosciutto e nidi che nascondono dolciumi è quello, che insieme a moto altro, ci aspetta.
Per le destinazioni si può scegliere tra nove itinerari: l lago Wörthersee con la Valle Rosental, Villach– Warmbad/Lago Faaker See/lago Ossiacher See, Hermagor-Nassfeld/Pramollo-Pressegger See/Weissensee/Lesachtal, Bad Kleinkirchheim/lago Millstätter See/monti Nockberge, Hohe Tauern – Parco Nazionale Alti Tauri; Klopeiner See e la Valle Lavanttal – Carinzia del sud, la Carinzia centrale, Katschberg-Rennweg e la valle Liesertal e Klagenfurt, che è la città capoluogo della regione con 100.000 abitanti (maggiori informazioni: www.carinzia.at).

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Gli abitanti della Carinzia mantengono vive le tradizioni della Pasqua, tramandate di generazione in generazione. Oltre ai vari rituali, anche la cucina gioca un ruolo centrale: dopo il periodo di digiuno, si riscoprono antiche ricette e si assaporano delizie dolci e salate, anche contemporaneamente, come succede con l’insolito abbinamento tra il Reindling e il prosciutto pasquale.
Man mano che si avvicina la ricorrenza, la cucina tradizionale assume sempre più importanza. Il piatto tipico del Giovedì Santo è costituito da spinaci con uova al tegamino e patate arrostite, dopodiché, fino alla domenica di Pasqua, si osserva un periodo di digiuno, silenzio e raccoglimento. Le campane delle chiese tacciono e vengono sostituite, durante le processioni del Venerdì Santo, dai tradizionali strumenti in legno chiamati “Ratschen”. L’importanza di questa tradizione è confermata dal fatto che i “Ratschen” sono stati inseriti nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco.
Per la Pasqua carinziana si preparano decorazioni, tante pietanze si cuociono al forno e si festeggia insieme, soprattutto durante la Settimana Santa. La Domenica delle Palme i bambini sono impazienti di portare in chiesa le loro “Palmbuschen”, mazzetti di rami di salice con fiori di gatticcio. Questi vengono legati a lunghe scope come decori e arricchiti con pretzel salati e dolciumi. Una
volta terminata la messa, i bambini possono finalmente dare sfogo alla loro golosità mangiando alcune delle decorazioni. Nella Carinzia settentrionale è ancora usanza piantare i “Palmbuschen” nella terra o esporli in casa, nell’angolo sacro della stube, per proteggere l’abitazione da ogni male.
Per i visitatori, questo periodo è un’esperienza unica: la fine dell’inverno, il sole primaverile che illumina un paesaggio di montagne e laghi, l’incontro con tradizioni antiche e le specialità della cucina carinziana.
Il Venerdì Santo è un giorno di digiuno ma di grande fermento in cucina, dove si lavora già intensamente per preparare i piatti della
Pasqua. Si cucinano prosciutti e salsicce, si colorano le uova e, naturalmente, si inforna il celebre “Reindling”, immancabile a Pasqua. Questo dolce è preparato con pasta lievitata, arricchita con burro, zucchero, cannella, nocciole, uvetta e un goccio di rum. Un vero classico carinziano, ancora più goloso se servito con il tipico burro al papavero.
La merenda pasquale (la “Jause”), che comprende gustose specialità – le salsicce affumicate, il prosciutto, le uova, la lingua di manzo e rafano – deve essere preparata con molta cura, e poi, il Sabato Santo, sempre giorno di digiuno, le pietanze vengono disposte nel “cestino pasquale”, che verrà benedetto durante una cerimonia in chiesa. Il cestino è decorato con fiori primaverili e coperto con un telo ricamato con motivi sacri e con le iniziali della donna che lo ha preparato.
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Il pranzo di Pasqua. La giornata inizia presto, con i colpi dei mortaretti all’alba. Sui pendii ancora avvolti nell’oscurità luccicano i falò pasquali. Dopo la messa, le famiglie si riuniscono intorno alla tavola, dove finalmente viene servito il pranzo pasquale: un vero e proprio banchetto della tradizione. Per i bambini, il momento più atteso è la ricerca in giardino dei nidi pasquali che l’Osterhase, il coniglio di Pasqua, ha riempito di dolciumi. Un’usanza particolare della domenica di Pasqua è il Gotenstrutz, il dono che il
padrino, chiamato Gotl in dialetto carinziano, porta al proprio figlioccio.
Un tesoro culturale da riscoprire. Con la fine della Quaresima si rievoca anche un’antica tradizione, oggi riscoperta con rinnovato interesse e particolarmente ben conservata in Carinzia: quella dei teli quaresimali. Questi drappi, la cui storia risale a oltre 1000 anni fa, venivano utilizzati per coprire l’altare fino alla Pasqua, in segno di penitenza e commemorazione della Passione di Cristo. Tra i più famosi vi è il telo quaresimale di Gurk, di oltre 500 anni fa e unico nel suo genere in tutta la regione alpina per le sue dimensioni. Negli ultimi anni, molti altri teli quaresimali sono stati restaurati ed esposti al pubblico.

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