DIRITTO E CASTIGO / GIUGNO – Servitù di parcheggio tra sì, no e boh

servitù di parcheggio

Servitù di parcheggio tra sì, no e boh

Il diritto evolve o devolve, dipende; più spesso è confuso. Capita che a un convegno l’attenzione venga catturata da una dichiarazione del relatore per cui sarebbe ormai pacificamente riconosciuta la servitù di parcheggio condominiale; in altri termini, il parcheggio dell’autovettura in un’area condominiale appartenente ad altri condòmini potrebbe ritenersi espressione non solo di un diritto nascente da contratto obbligatorio (locazione, affitto, comodato), ma anche di un possesso esercitato a titolo di servitù. L’orientamento costante della Suprema Corte ha mostrato nel tempo una forte chiusura nel riconoscere questa fattispecie, rilevando che il parcheggio dell’auto non rientra nello schema tipico, in quanto difetta della caratteristica principale del diritto di servitù, ovverosia la “realità” (da “ius in re” – “dirito sulla cosa”).



Legittimare il diritto (reale) di servitù di parcheggio comporta conseguenze rilevanti sia perché tale diritto si trasferisce col bene, sia per la tutela apprestata dall’ordinamento che prevede specifiche azioni a sua difesa da far valere erga omnes.
I diritti personali di godimento, invece, trovando fonte in contratti (locazione, affitto, comodato), vincolano esclusivamente i contraenti e il loro titolare può agire solo nei confronti del soggetto obbligato (art. 1372 cod.civ.).
Per l’art. 1027 cod.civ. “la servitù prediale consiste nel peso imposto sopra un fondo per l’utilità di un altro fondo appartenente a diverso proprietario”. Quindi, per aversi servitù occorre vi siano fondi diversi appartenenti a proprietari diversi. Si parla, inoltre, di peso ed utilità: deve sussistere un legame strumentale e oggettivo, diretto ed immediato fra il peso imposto al fondo servente ed il godimento del fondo dominante. Non vi è dubbio che non si versi nell’ipotesi di servitù, ma di semplice obbligo personale, quando il diritto attribuito sia stato previsto esclusivamente per un vantaggio della persona indicata nel relativo atto costitutivo. In altre ipotesi, non è facile stabilire nel caso concreto se il vantaggio sia inerente al fondo in quanto tale, oppure sia connesso al suo attuale proprietario, anche perché la servitù nell’avvantaggiare un fondo di fatto avvantaggia il titolare del diritto e non solo il bene.
Inoltre, il concetto di “utilità” richiamato dal successivo art. 1028 cod.civ, è ampio, comprensivo anche della maggiore comodità o amenità del fondo dominante.
L’ “utilitas” per il fondo dominante può avere contenuto vario, lasciato alla libera determinazione delle parti contraenti.
Alla luce di quanto sopra esposto, la domanda resta: utilizzare il posto auto sito nel cortile di un altro condominio può configurare una servitù? Comporta un’utilità legata alla persona o al bene?
Di primo acchito parrebbe doversi propendere per la soluzione negativa, in quanto la limitazione del diritto di proprietà gravante su di un fondo parrebbe posta a vantaggio del singolo proprietario di quest’ultimo.
E’ anche vero che l’autonomia contrattuale delle parti potrebbe dar luogo ad una servitù (atipica) di parcheggio che insista su un fondo (anche condominiale) per il migliore godimento di altro fondo con particolare destinazione (in ipotesi, ad abitazione) e per facilitare la sua utilizzazione. Inoltre, questo comporterebbe un indubbio incremento del valore (prezzo) del fondo dominante.
Con la sentenza n. 16698/2017, a cui il relatore faceva riferimento per sottolineare l’attuale riconoscimento della servitù di parcheggio, la Suprema Corte non ha sancito la legittimità delle servitù di parcheggio tuot court, ma è intervenuta sulla questione riconoscendone in astratto la configurabilità: “… a ciò non ostando in alcun modo la disciplina codicistica, ma si risolve nel valutare se sussista, in concreto, un diritto che comporti, contestualmente, un vantaggio a favore di un fondo e una limitazione a carico dell’altro fondo, in maniera tendenzialmente perpetua”. Bisogna, dunque, valutare il caso singolo, esaminare il titolo e la situazione in concreto sottoposta al giudizio, al fine di stabilire se sussistano i requisiti del ius in re aliena, e l’altruità della cosa, l’assolutezza, l’immediatezza, l’inerenza al fondo servente, l’inerenza al fondo dominante, la specificità dell’utilità riservata, la localizzazione intesa quale individuazione del luogo di esercizio della servitù. In difetto, non può parlarsi di servitù. Se siete confusi, non preoccupatevi. Lo sono anche la giurisprudenza e… taluni relatori.

DIRITTO E CASTIGO
Rubrica legale a cura dell’avvocato Roberta K. Colosso
info@studiolegalecolosso.it

MAGGIO  2019 – Tende da sole, ma in compagnia di grane



Condividi questo articolo

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.