TORINO – Trentatré volte Arlecchino, disegni originali di Dario Fo in mostra

Due volte trentaré. A trentatré anni dalla XXXIII Biennale Teatro di Venezia, la galleria d’arte Volume OTTO di Torino (via Pinerolo 8) espone dal 31 ottobre al 4 novembre, nell’ambito di Paratissima, 33 disegni originali di Dario Fo su Arlecchino. Rari di visita 14-18, ingresso libero.

A corredo della mostra “FO – ARLECCHINO_ 33 volte Dario Fo”, a cura di Sergio Martin, saranno proposte tre chiavi di lettura della maschera allegorica realizzate da noti pittori e artisti contemporanei: l’illustratore e scenografo Lele Luzzati, con un’opera fatta per l’amico Silvio Bastiancich (fondatore del Teatro Bagatto di Torino), e le versioni di Pablo Echaurren, pittore, fumettista e scrittore divenuto popolare tra i ragazzi degli anni Settanta per la copertina del best seller “Porci con le ali”, e figlio del più grande pittore surrealista cileno del ‘900, Roberto Sebastian Matta (nella foto sotto Dario Fo e Franco Quadri davanti ad una sua opera); e ancora un’installazione dell’artista visivo Vincenzo Fiorito.

Era il 1985 quando Dario Fo, drammaturgo, attore, regista, scrittore, pittore, scenografo, futuro Premio Nobel per la letteratura e intellettuale di rango, venne chiamato dalla Biennale Teatro di Venezia curata da Franco Quadri, critico teatrale e direttore artistico, per realizzare uno spettacolo evocativo di uno dei più noti personaggi della Commedia dell’Arte, Arlecchino. La pièce “Hellequin, Harlekin, Arlekin” ovvero “Laboratorio per Arlecchino” con Dario Fo e Franca Rame debuttò il 18 ottobre 1985, trentatré anni fa, al Palazzo del Cinema del Lido di Venezia. 

Allestita nella galleria no profit del quartiere Aurora, la mostra porta all’attenzione del pubblico i disegni e i bozzetti originali del Premio Nobel per la letteratura, spentosi il 13 ottobre 2016 a 90 anni.




Il curatore, Sergio Martin, è stato amico intimo e collaboratore di Dario Fo e della sua compagna e attrice Franca Rame, nonché cofondatore del Teatro Juvarra e del già Cafè Procope di Torino alla fine degli anni Ottanta, rimasti sotto la sua direzione artistica fino al 2003 (nella foto Franco Quadri, Dario Fo e Sergio Martin, mostra al Teatro dell’Occhio, Riccione); l’allestimento è del gallerista e fotografo Gerardo di Fonzo.

 

 

 

Lo spazio espositivo sarà, inoltre, vetrina di una sezione dedicata alla documentazione storica sulla nascita e l’evoluzione del personaggio di Arlecchino. Anna Barsotti, docente di “Storia del Teatro e dello Spettacolo” e “Drammaturgia e Spettacolo”, nonché presidente del corso di laurea magistrale in “Storia e forme delle Arti visive, dello Spettacolo e dei Nuovi media” dell’Università di Pisa fornirà un proprio contributo storiografico.

I visitatori troveranno anche maschere e tabarri (mantelli di colore scuro), forniti dal laboratorio artigianale Baloccoloc di Venezia, che caratterizzano l’abbigliamento delle maschere veneziane e sarà possibile acquistarli.

Nota gourmand, lo chef Cristian Barbato alias “La divina forchetta” sta lavorando per ideare un dolce dedicato alla maschera di Arlecchino. Durante i giorni di Paratissima lo chef svelerà la ricetta e in un video illustrerà come eseguirla.

La mostra proseguirà dopo Paratissima e verrà inaugurata ufficialmente giovedì 8 novembre, giorno in cui prende avvio anche un ciclo di serate a tema e spettacoli in programma per tutto il mese.

Hellequin, Harlekin, Arlekin ovvero Laboratorio per Arlecchino con Dario Fo e Franca Rame. Venezia, Biennale Teatro, 18 ottobre 1985, Biennale di Venezia 1985. Nel quattrocentesimo anniversario della nascita della maschera allegorica, al Palazzo del Cinema debuttano quattro scenette con protagonista Arlecchino: La commedia dell’arte, I becchini, La serratura, L’asino e il leone. Dario Fo le introdusse con un prologo nel quale riassunse il senso della comparsa di Arlecchino nella Commedia dell’Arte indossando costumi e maschere differenti sulla base del periodo di riferimento. La maschera di Arlecchino nasce a Parigi, alla corte dei Borboni, alla fine del Seicento e indossava un abito multicolore che varia in base alle epoche: da disegni colorati a forma di foglia e volto truccato alla comparsa della maschera sul volto e dei rombi multicolore. Il primo interprete di Arlecchino fu Tristano Martinelli che improvvisava monologhi comici e spesso scurrili. L’Arlecchino successivo fu Domenico Biancolelli con le sue acrobazie. Nel prologo Dario Fo sottolineava che le compagnie di attori che davano vita alla Commedia dell’Arte erano costituite da intellettuali. Goldoni nel suo Arlecchino servitore di due padroni innovò il personaggio: gli tolse la maschera e gli attribuì un testo scritto dentro il quale si svolgeva la sua recitazione.

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