La Mal’aria che tira anche in Piemonte Legambiente: Torino maglia nera per le polveri sottili con 98 giorni di sforamenti

polveri sottili

L’aria che tira? Brutta, bruttissima in tutta Italia, con Torino maglia nera per le polveri sottili. A denunciarlo è Legambiente in occasione della pubblicazione di Mal’aria di città 2021, il report annuale nel quale l’associazione ambientalista traccia, sulla scorta dell’elaborazione dei dati di Regioni e Arpa, un doppio bilancio sulla qualità dell’aria nei capoluoghi di provincia nel 2020, stilando sia la classifica delle città fuorilegge per avere superato i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili (Pm10) sia la graduatoria delle città che hanno superato il valore medio annuale per le polveri sottili (Pm10) suggerito dalle Linee guida dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), che stabilisce in 20 microgrammi per metro cubo (µg/mc) la media annuale per il Pm10 da non superare contro quella di 40 µg/mc della legislazione europea.
“In tempo di pandemia in Italia l’emergenza smog non si arresta e si cronicizza sempre di più – dicono da Legambiente, commentando i risultati – Il quadro complessivo che emerge è preoccupante: nel 2020 nella Penisola su 96 capoluoghi di provincia analizzati 35 hanno superato almeno con una centralina il limite previsto per le polveri sottili (Pm10), ossia la soglia dei 35 giorni nell’anno solare con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo”. E proprio a Torino spetta la maglia nera con 98 giorni di sforamenti registrati nella centralina Grassi, seguita da Venezia con 88, Padova) 84, Rovigo 83 e 80. Al quinto posto in classifica si trova Milano 79, seguita da Avellino e Cremona con 78 giorni di sforamento, Frosinone 77, Modena e Vicenza che con 75 giorni di superamento dei limiti chiudono le 10 peggiori città.
“Poco rassicurante anche il confronto con i parametri dettati dall’OMS – proseguono da Legambiente – , di gran lunga più stringenti rispetto a quelli della legislazione europea, e che hanno come target esclusivamente la salute delle persone. Nel 2020 sono 60 le città italiane (il 62% del campione analizzato) che hanno fatto registrare una media annuale superiore ai 20 microgrammi/metrocubo (µg/mc) di polveri sottili rispetto a quanto indicato dall’OMS. A guidare la classifica è sempre Torino con 35 microgrammi/mc come media annuale di tutte le centraline urbane del capoluogo, seguita da Milano, Padova e Rovigo (34µg/mc), Venezia e Treviso (33 µg/mc), Cremona, Lodi, Vicenza, Modena e Verona (32 µg/mc).





Per Legambiente i dati di Mal’aria ci ricordano che il 2020, oltre ad essere stato segnato dalla pandemia ancora in corso, è stato anche contrassegnato dall’emergenza smog e dalla “mancanza di misure specifiche per uscire dalla morsa dell’inquinamento. Lo dimostra la mancanza di ambizione dei Piani nazionali e regionali e degli Accordi di programma che negli ultimi anni si sono succeduti ma che, nella realtà dei fatti, sono stati puntualmente elusi e aggirati localmente pur di non dover prendere decisioni impopolari insieme al ricorso sistematico della deroga. E lo dimostrano anche le due procedure di infrazione comminate all’Italia per il mancato rispetto dei limiti normativi previsti della Direttiva europea per il Pm10 e gli ossidi di azoto, a cui si è aggiunta lo scorso novembre una nuova lettera di costituzione in mora da parte della Commissione europea in riferimento alle eccessive concentrazioni di particolato fine (Pm2,5) a cui ora l’Italia dovrà rispondere, essendo state giudicate “non sufficienti” le misure adottate dal nostro Paese per ridurre nel più breve tempo possibile tali criticità”.
Torino e il Piemonte.Torino – dichiara Giorgio Prino, presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – si conferma la città più gravata dal peso delle polveri sottili: anche la centralina “migliore” (Rubino) fa registrare 66 giorni di sforamenti, la peggiore addirittura 98. A livello regionale sono solo 4 le centraline delle città capoluogo piemontesi che fanno registrare un numero di superamenti inferiore al limite dei 35: le due presenti a Biella , l’unica di Cuneo e quella di Verbania, che fanno dei tre capoluoghi gli unici piemontesi nei limiti di legge (diventano solo 2 se si considerano i limiti OMS)”. Nonostante i tentativi di sminuire la reale portata del traffico veicolare, resta evidente come in realtà come quella torinese sia la principale fonte di micropolveri e di inquinanti. “E’ ormai ampiamente documentato – continua Giorgio Prino – come i contributi diretti al PM10 e PM2.5 del traffico siano parzialmente dipendenti dalla combustione e quindi dalla tipologia di carburante. La principale causa sono usura e sfregamenti che coinvolgono tutti i veicoli, anche quelli elettrici. Quindi meno auto in circolazione è la principale e diretta soluzione per quanto riguarda le emissioni di particolato primario. L’obiettivo è la diminuzione dei mezzi in circolazione su tutto il territorio regionale. In tal senso è necessario accelerare in maniera sensibile: se il Comune di Torino (dopo l’apprezzabile e apprezzato lavoro su mobilità ciclistica e micromobilità elettrica) deve giungere velocemente alla chiusura della ZTL e al rilancio del TPL, partendo proprio del patrimonio infrastrutturale tramviario, la Regione Piemonte deve incentivare il trasporto pubblico. Anche riaprendo le tratte ferroviarie dismesse che toglierebbero migliaia di pendolari dalle strade”.
La questione inquinamento, infatti, non è solo torinese: “E’ ormai noto – fanno notare da Legambiente – l’esito della procedura di infrazione avviata dall’Unione Europea nei confronti dell’Italia, per non aver rispettato la direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell’aria, che nel territorio Piemontese coinvolge tutte le zone omogenee ad esclusione di quella montana”.
“La Regione Piemonte – prosegue Prino – con le altre regioni padane ha attivato dei tavoli di lavoro, a cui Legambiente Piemonte ha partecipato, per identificare misure finalmente efficaci; auspichiamo che la visione, il coraggio o, in ultima analisi, il timore per le sanzioni europee inducano i decisori politici ad attuare azioni adeguate ed importanti”.
Oltre al settore trasporti, protagonisti in negativo sono l’industria, il settore agrotecnico e i riscaldamenti domestici: “In agricoltura – conclude Giorgio Prino – occorre agire rapidamente per limitare le emissioni di ammoniaca ed eliminare l’abbruciamento dei residui, destinato ad essere definitivamente vietato. La promozione di nuove modalità operative, già oggi tecnicamente ed economicamente fattibili, può consentire tali risultati in tempi anche brevi. Sul banco degli imputati anche le combustioni domestiche di legno: oltre ad agire su un rapido e diffuso rinnovo degli apparecchi, occorre al contempo legare i consumi a combustibili di qualità e da filiera corta sostenibile, promuovendo come elementi essenziali anche la formazione degli utenti e la progressiva efficienza degli edifici”.

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