“La mia cucina comprensibile” – Lo chef Christian Mandura dal Bobbio  di Carignano alla prima stella Michelin

christian mandura

Per brillare brillava già di suo ma ora, a dare evidenza e ufficialità ad un giovane talento che negli ultimi anni ha saputo esprimersi in un crescendo di consensi e apprezzamenti, è arrivata anche la prima stella Michelin. Così Christian Mandura, classe 1990, chef del ristorante Unforgettable di Torino, è entrato  nella bibbia dei gourmet e si è assicurato un posto nell’olimpo dei grandi cuochi. Orgoglio anche carignanese perché Christian è un ex studente dell’Alberghiero “Bobbio”, dove ha mosso i primi passi in un mondo che non era per nulla detto che sarebbe stato il suo. “Mi ero iscritto a sala – spiega Christian, intervistato pochi giorni dopo la fatidica premiazione della Guida Michelin– solo in un secondo tempo sono passato a cucina. Evidentemente, però, in qualche modo la sala era nel mio destino se si considera quanta parte abbia nel nostro ristorante, il servizio, con i nostri dieci ospiti per sera seduti  ad un unico bancone, in rapporto diretto e personale con lo chef che cucina davanti a ciascuno”.

Dopo Carignano e il diploma, le prime esperienze lavorative: “Non avevo per nulla le idee chiare, all’epoca, tant’è che ho passato qualche mese in un’azienda che confezionava orecchini. Poi mi è capitato di riavvicinarmi alla ristorazione alla Taverna di Frà Fiusch a Moncalieri ed è stato lì che è scoccata la scintilla, che si è accesa la passione. Nel frattempo al sabato e alla domenica davo una mano, insieme a mia sorella, al Geranio, la trattoria di mia mamma a Chieri. E lì ho cominciato ad osare, sperimentare  e giocare, in leggerezza, libero anche dalla paura di sbagliare; così a cena proponevo un menù  che non aveva nulla a che vedere con  quello classico e tradizionale del pranzo, facendo convivere nello stesso locale offerte agli antipodi. Così la mia personalità si è rafforzata e man mano anche la mia visione è maturata”. Andare lontano, di esperienza in esperienza, in Italia e all’estero,  facendo della proprie radici un elemento di forza, base solida su cui costruire la propria strada, e infatti “la cucina della mamma per me resta sempre e comunque la migliore del mondo” dice Mandura. La famiglia e poi tanti incontri fortunati, maestri da cui imparare e, uno su tutti, Ugo Fontanone di Frà Fiusch:  “Una figura  fondamentale, per me è stato e sarà sempre un riferimento costante dal punto di vista umano prima ancora che professionale, la cosa che più conta. Sono le persone come lui a fare la differenza”.  La svolta nel 2019 con Unforgettable, indimenticabile e senza tavoli. “La proprietà mi ha dato questa  opportunità e coinvolto in un progetto  che mi calzava perfettamente. Ho trovato il luogo giusto in cui esprimere sia il mio concetto di servizio sia la mia idea di cucina, che è quella dei vegetali al centro”. Metaforicamente e letteralmente, verdura come protagonista assoluta. E se Christian Mandura è arrivato fin qui,  unica new entry a Torino  nel club della Rossa, è merito di questa  cucina, semplice e al tempo stesso rivoluzionaria (o rivoluzionaria perché semplice), che inverte lo schema consolidato e pone i vegetali al centro affidando il ruolo di contorno a carne e pesce; è merito di un progetto, quello del ristorante aperto in via Lorenzo Valerio, che piace e convince: “Siamo una squadra, ciascuno nel proprio ruolo ma tutti quanti insieme,  che lavora con grande determinazione e impegno, con l’obiettivo di far star bene i propri ospiti, questa è la nostra filosofia  e più grande gratificazione. No posso dire  che ci aspettassimo  questo riconoscimento  ma è senz’altro un’ambizione, che si realizza. Un risultato che ci emoziona e rende felici e che arriva dopo il momento difficile che anche noi abbiamo attraversato con la pandemia”. Cosa cambia con la stella? “Abbiamo una credibilità maggiore e responsabilità in più. Ma soprattutto  è uno stimolo per lavorare con ancora maggiore concentrazione e determinazione; migliorarci sempre: oggi più che mai è questo  il nostro impegno”. Che passa anche dalla selezione delle materie prime, con una predilezione per i prodotti del territorio e un’attenzione assoluta per la stagionalità: “Sottolineiamo sempre di più questo aspetto, con quattro menu diversi all’anno e servizi di piatti e bicchieri che cambiano anch’essi con le stagioni”.

Come definisci la tua cucina? “Contemporanea ma, soprattutto, comprensibile. I mei patti reinterpretano la tradizione e sono semplici, non cerebrali. L’esperienza del cibo deve essere un piacere per la vista e il gusto, immediato e senza sovrastrutture. Buono e bello, senza la complicazione di mille ingredienti, senza niente da capire, piacere puro. Voglio  che non ci sia bisogno di spiegazioni“. Sembra niente, un punto di partenza, in  realtà è un traguardo e  una conquista. E quando semplice non equivale a facile o  banale allora è straordinario. Come la pasta e fagioli con olio extra vergine d’oliva crudo, il suo piatto preferito.

Cristina Cavaglià




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