A GARDEN OF MY OWN, Emanuela Bernascone – Diplomatija astuta

PAVILION OF MALTA at La Biennale di Venezia, © Massimo Penzo

A GARDEN OF MY OWN, Emanuela Bernascone – Diplomatija astuta

Difficile descrivere una visita alla Biennale di Venezia, gli stimoli sono talmente tanti e vari che è quasi impossibile ritenerli tutti… Non solo la vista, ma tutti i sensi sono talmente sottoposti a tanta bellezza (e anche ad alcuna bruttezza a onor del vero!) che ci vuole un po’ di tempo per elaborare la sensazione che ne rimane e ancora più tempo per iniziare a raccontarla.

Scegliendo tra le mirabolanti rappresentazioni nazionali di tutti i padiglioni presenti alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte mi piace soffermarmi su quello di Malta, un po’ per l’interesse personale verso l’isola che magari racconterò nelle nostre prossime puntate, un po’ perché è curioso pensare a un Padiglione che è tornato in Biennale soltanto nel 2017 (e ha saltato l’edizione 2019) dopo 18 anni di assenza, dato che la presenza precedentemente registrata era ancora nel secolo scorso.

PAVILION OF MALTA at La Biennale di Venezia, © Massimo Penzo

La proposta del 2017, curata da Raphael Vella e Bettina Hutschek, riguardava alcuni artisti maltesi selezionati su invito oltre ad artisti originari di Malta, ma residenti all’estero, che avevano risposto a una call; mentre a rappresentare Malta nel 2022 è stato invitato un acclamato artista italiano, Arcangelo Sassolino, la cui installazione monumentale è accompagnata da interventi artistici e musicali di Giuseppe Schembri Bonaci e Brian Schembri.

Ispirandosi alla Decollazione di San Giovanni Battista, capolavoro di Caravaggio custodito nella concattedrale di San Giovanni a La Valletta, Sassolino realizza un’installazione cinetica con gocce di acciaio fuso che cadono dal soffitto in sette vasche piene d’acqua, ognuna delle quali rappresenta un soggetto della Decollazione. Le gocce incandescenti a contatto con l’acqua sibilano e poi si spengono sparendo nel buio. A ritmare la caduta Brian Schembri ha creato una “partitura percussiva” basata su Ut queant laxis, canto gregoriano attribuito a Guido d’Arezzo in onore di Giovanni Battista, mentre Giuseppe Schembri Bonaci ha operato delle incisioni che compongono un testo cifrato scolpito che noi non possiamo decifrare, come per ricordarci che la conoscenza non è alla nostra portata.

PAVILION OF MALTA at La Biennale di Venezia, © Massimo Penzo

Ora, ammetto che questa è una delle opere che mi ha più coinvolto di tutta la Biennale, anche prima di sapere che Sassolino attraverso l’induzione fa sì che quotidianamente quasi duecento chili di acciaio vengano sciolti in acqua.

Sarà per la sua struttura immersiva, sarà per la quasi totale oscurità e per i suoni ipnotici, ma questa è un’installazione che tornerei a vedere (e tornerò!) quindi complimenti a Sassolino e complimenti ai curatori Keith Sciberras e Jeffrey Uslip. Però non posso ignorare la vocina nella mia testa che ripete incessante: perché per illustrare la scena artistica maltese si è ricorso a un artista, tra l’altro parecchio noto ai più, italiano?

Alla presenza di Malta alla Biennale 2017 era seguita la nomina di La Valletta Capitale Europea della Cultura, nomina che ha avuto un grande impatto sul turismo maltese che proprio nel 2018, e negli anni successivi, ha registrato un’enorme incremento.

Si sa che gli italiani poi sono tra i turisti più numerosi a Malta, un’isola dove si parla italiano e si mangia italiano grazie all’altissima percentuale di connazionali che da secoli ci vivono, quindi portare un artista italiano che si ispira a una delle maggiori attrazioni dell’isola, guarda caso essa stessa di un geniale artista italiano, a me puzza tanto di operazione di marketing turistico.

E poi ditemi voi se il titolo non sembra confermarlo: Diplomatija astuta, sembra proprio una dichiarazione di intenti.

Ciò detto, andate a Venezia per la Biennale, andate a vedere l’astuto Padiglione di Malta, perché è bellissimo in maniera inquietante e andate anche a visitare Malta, perché è stupenda, inaspettata e per niente inquietante.

Emanuela Bernascone

info@emanuelabernascone.com

A garden of my own. Oggi inizia la mia rubrica su Ieri Oggi Domani, un regalo della direttrice Cristina Cavaglià in un momento particolarmente delicato e importante della mia vita. Ho pensato a lungo a come intitolarla e alla fine la descrizione che mi è parsa più pertinente è A garden of my own; non dovrei spiegarlo, perché è così che si fa, lasciando al lettore la curiosità e il divertimento di immaginare la causa recondita e anche la soddisfazione nel pensare di aver indovinato la motivazione. Ma io sono malata di comunicazione, nel senso che amo comunicare e ho bisogno che il messaggio arrivi forte e chiaro, senza incomprensioni; quindi eccomi qui a illustrare la mia scelta: è palese il riferimento a “A room of own’s own”, di Virginia Woolf, però io ho deciso di uscire dalla stanza per entrare in un giardino, il mio giardino. Uscire allo scoperto quasi, in un luogo tutto mio dove ospitare le passioni che mi animano; quindi qui seduti sull’erba parleremo di arte -naturalmente- e di libri, serie televisive e viaggi, ma anche di tutto ciò che attira, per un motivo o per l’altro, la mia attenzione. Comincio io a raccontare, in attesa di ricevere da qualche lettrice o lettore suggerimenti di argomenti che le o gli stanno particolarmente a cuore, perché in questo mio giardino c’è posto per tutti e niente mi riempie di gioia come ospitare gli amici in casa mia!

emanuela bernasconeTorinese, Emanuela Bernascone negli ultimi 30 anni ha lavorato nella comunicazione culturale, viaggiato molto con la numerosa famiglia e a settembre è uscito il suo primo romanzo, frutto, ça va sans dire, di un viaggio: “Malta bastarda”.

 

 

 

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