TOPONOMASTICA CARIGNANESE – Vecchie denominazioni per strade e piazze di oggi

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Ancora dagli appunti della signora Susanna Vassarotto Collo, recuperati nell’archivio di casa dalle nipoti Franca e Susanna Smeriglio e gentilmente consegnate per conoscenza: si tratta delle “vecchie denominazioni” di alcune vie carignanesi.

Via San Remigio: Borgh dij mat. In tempi recenti (nel dopoguerra) si faceva riferimento ad alcuni abitanti della zona, mattacchioni, portati agli scherzi nei confronti dei vicini ma si presume che fosse già così in passato…. Cause ignote.

Via Borgovecchio: Borgh dij sòch. In quest’area c’era una prevalenza di cascine ed i suoi abitanti, contadini, calzavano regolarmente gli zoccoli per il loro lavoro.

Via Zappata: Riva freida. Non è propriamente soleggiata e la temperatura, di conseguenza, è più bassa che altrove.

Via Umberto I: Stra granda. Comprendeva anche una parte che ora chiamiamo “Via Silvio Pellico” e si snodava quindi per un lungo tratto del centro città: era la via più importante.

Piazza Carlo Alberto: Piassa dèl bal. Qui si installava per i giorni dedicati al nostro patrono San Remigio o in altre occasioni di festa il ballo pubblico a palchetto. Nel periodo del Carnevale questa era la “Contrada dei Giochi”.

Piazza Savoia: Daré l’ala e anche Daré San Gioan. Chiaramente il riferimento è alla struttura in ferro tuttora esistente  e alla Parrocchia lato est.

Via Frichieri: Santa Clara. Lì si trovava il Monastero delle Clarisse, prima dell’acquisizione da parte della famiglia Bona per impiantare il Lanificio.

Corso Cesare Battisti: per la parte non alberata, “la Facoltativa” (per via della fermata del tramway);

per la parte alberata, viale “la lèja”.  

Via Salotto: Stra d’le set lenghe. Ritrovo questo appellativo a pag. 592 della pubblicazione “Un secolo di cronache carignanesi”, a proposito del lavoro artigianale (in particolare delle sarte) svolto al bordo delle strade: “sono state queste ultime presenze a  far definire via Salotto la contrà d’le set lenghe?”.  Il signor Guido Settimo, che abitava in via Salotto negli anni del dopoguerra, ricorda due sartorie da uomo dove c’erano parecchie lavoranti: il termine era forse riferito al loro cicaleccio? Inoltre la bottega delle “stiròire” (stiratrici) nella casa della famiglia Rodolfo, verso via Principe di Carignano, era frequentata dalle donne che si rivolgevano a loro, sorelle “Stivalere”,  per i capi più delicati ed importanti per evitare di rovinarli con il ferro, la cassetta dentro cui si poneva la brace prelevata dalla stufa o dal fornello, da ravvivare poi con il carbone di legna. Da una terza sorella o parente, Teresa, che faceva la sarta in via Braida, angolo allora via Paolo Boselli, si recavano le sorelle Tabusso, Anna Maria e Marisa, a recuperare le “biòce” (ritagli di stoffa)  per confezionare gli abiti alle bambole.

Già nei mesi di maggio-giugno 2018 avevo accennato ad alcune curiosità toponomastiche, in gran parte sulla scorta degli “Appunti per una lettura della città”: ora è una nomenclatura senza pretese, nota ai carignanesi…  di lunga data.

Marilena Cavallero

 




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