Palazzo Mazzetti celebra Boldini – Ad Asti il mito della Belle Époque in ottanta opere del celebre artista

boldini

Giovanni Boldini, Mademoiselle De Nemidoff, particolare; 1908,  olio su tela, Collezione privata

Letteratura e moda, musica e lusso, arte e bistrot si confondono nel ritmo sensuale del can can e producono una straordinaria rinascita sociale e civile. La Belle Époque, i salotti, le nobildonne e la moda sono il travolgente mondo di Giovanni Boldini (Ferrara 1842 – Parigi 1931), genio della pittura che più di ogni altro ha saputo restituire le atmosfere rarefatte di un’epoca straordinaria. Palazzo Mazzetti (Asti, via Vittorio Alfieri 357; www.museidiasti.com; per informazioni e prenotazioni: info@fondazioneastimusei.it) celebra con una grande mostra uno degli artisti italiani più amati di ogni tempo.

“Giovanni Boldini e il mito della Belle Époque”, inaugurata a novembre e visitabile fino al 10 aprile, è realizzata dalla Fondazione Asti Musei e organizzata da Arthemisia.

Il progetto, a cura di Tiziano Panconi,  dedicato al genio indiscusso di Boldini, ha per protagoniste ottanta magnifiche opere – tra cui Signora bionda in abito da sera (1889 ca.), La signora in rosa (1916), Busto di giovane sdraiata (1912 ca.) e La camicetta di voile (1906 ca.) – al centro  di una narrazione cronologica e tematica al tempo stesso. L’esposizione presenta una ricca selezione di opere che esprime al meglio la maniera di Boldini, il suo saper esaltare con unicità la bellezza femminile e svelare l’anima più intima e misteriosa dei nobili protagonisti dell’epoca.

La mostra che pone l’accento sulla capacità dell’artista di psicoanalizzare i suoi soggetti, le sue “divine”, facendole posare per ore, per giorni, sedute di fronte al suo cavalletto, parlando con loro senza stancarsi di porle le domande più sconvenienti, fino a comprenderle profondamente e così coglierne lo spirito, scrutandone l’anima.

Farsi ritrarre da Boldini significava svestire i panni dell’aristocratica superbia di cui era munificamente dotata ogni gran dama degna del proprio blasone. Occorreva stare al gioco e accettarne le provocazioni, rispondendo a tono alle premeditate insolenze ma, infine, concedersi, anche solo mentalmente, facendo cadere il muro ideologico dell’alterigia, oltre il quale si celavano profonde fragilità. L’artista  coglieva al volo l’attimo fuggente, quel momento unico in cui un’occhiata più sincera rivelava lo stato d’animo e la mimica del corpo si faceva più espressiva, l’istante in divenire fra un’azione e l’altra, quando la forza motoria di un gesto si esauriva, rigenerandosi prontamente in quello successivo.

Negli anni della maturità e poi della senilità, le lunghe e vorticose pennellate, impresse come energiche sciabolate di colore, rimodellavano in senso dinamico i corpi delle sue “divine” creature e il suo stile, a un tempo classico e moderno, costituiva la miglior risposta alle vocazioni estetiste e progressiste manifestate dagli alti ceti sociali.

La mostra, con il contributo concesso dalla Direzione generale Educazione, ricerca e istituti culturali del Ministero della Cultura, è realizzata dalla Fondazione Asti Musei, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, dalla Regione Piemonte e dal Comune di Asti, con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino, in collaborazione con Arthemisia, con il patrocinio della Provincia di Asti, sponsor Banca di Asti.

 

 




 

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