APRILE –  Luigi Smeriglio, nato nel 1927

Già avevo incontrato Luigi Smeriglio per la rubrica “Come eravamo” dedicata ai corrieri, pubblicata nel mese di febbraio 2016. Ora mi sono nuovamente rivolta a lui, novantenne per l’anagrafe, in contrasto con il suo aspetto (capelli appena brizzolati, passo ancora sciolto) e la sua formidabile memoria.
Nasce a Carignano il 14 novembre 1927 da Antonio e Margherita Monterzino, in casa Coraglia (alla “Montagnetta”), via Borgovecchio angolo via Ressia, casa attigua a quella della famiglia di Michele Chicco (‘l misurador), composta da sette figli tra i quali Lidia, ora vedova di Carlo Arduino. Luigi è l’ultimo di sei tra fratelli e sorelle: Margherita (1912-2012), poi suora di San Vincenzo de Paoli con noviziato a San Salvario a soli 17 anni; Antonia (1914-2009), operaia nel Lanificio Bona come passalicci, reparto tessitura, suora laica della congregazione di Sant’ Angela Merici; Agostino (1916-2010), marito di Margherita Berutto, lavorò nel magazzino stoffe del lanificio; Francesco (1919-2015), impiegato presso l’Ufficio mano d’opera della Ditta Bona, diplomato ragioniere presso l’Istituto Sommellier, fu sacerdote secolare, parroco a Nichelino dal 1961; Giuseppe Mario (Geppe, 1925-2000), marito di Irene Vassarotto, con lei avviò il Bar Torre. Anche i fratelli maggiori di Luigi erano nati in Borgovecchio, ma a Casa Turello, in via Torre, e sempre in Borgovecchio la famiglia Smeriglio si trasferì più tardi nella cascina di Francesco Berutto (macchine agricole), in seguito di proprietà dei fratelli Gieco, Carlo (celibe) e Domenico (padre della maestra Carmelina), ed infine in vicolo Ritanotto a casa Meinardi, dallo zio nel 1936 e già nel 1937 dal padre di Giacomo data la necessità di maggior spazio.

Luigi frequenta con profitto le elementari: nei primi tre anni con la maestra Maria Lucca Rubino, poi con Annibale Mussano e con don Lusso; proprio con don Lusso comincia la classe “sesta” nella quale subentrano però nuovi insegnanti per ogni singola materia. Ne ricorda ancora i nomi: i professori Gaglione per matematica, Barbero per italiano e “Cirillo” per francese, così soprannominato perché, arrivando col tramway da Torino, scendeva in piazza Liberazione (allora Regina Margherita) e, prima della lezione, sostava alla Buona Fama per un “quartino”. Una nota: era direttrice della scuola Elisa Giarelli e lo fu a lungo perché ricopriva questo ruolo ancora negli anni in cui ho frequentato io le elementari (1947-1952).
Luigi lascia la scuola perché non riusciva più a seguirla e poi in casa c’erano difficoltà economiche… e anche un piccolo aiuto era utile. Dopo due anni come “garzone” alla Gorrea, nella cascina del nonno di don Franco Ardusso, lavora ancora in campagna a casa Rasetto in via 24 maggio fino al 1940. Nel 1942 viene assunto come fattorino preso la Ditta Bona ma viene licenziato per incompatibilità col regime nel giugno 1943 e ritorna a lavorare in campagna, presso la famiglia Busso, Cascina Molinasso. A quei tempi c’era la “tessera del pane” e per la famiglia Smeriglio erano anni duri e la famiglia Busso due volte la settimana consegnava a Luigi una o due pagnotte di pane bianco quando tornava a casa; faceva sempre il percorso a piedi, ma evitando il ponte sul Po, sorvegliato dai tedeschi. Nel 1945 è a Torino in Fiat, in via Rivalta dove fabbricano materiale ferroviario all’avanguardia (littorine) e più tardi è nel settore “Aeronautica” in corso Francia (dove si producono anche autobus, autopullmann, le “corriere” con la scaletta nella parte posteriore, all’esterno, che saliva sul tettuccio per riporre valigie e bagagli).
Qui la sua storia si intreccia con quella del fratello Agostino che aveva lavorato presso una segheria alla Madonnina dal signor Cerutti (costruivano cassette), poi in campagna (Borgata Brassi, cascina Scarasso), per un breve periodo operaio al Lanificio e dal 1935 al 1937 militare “permanente”. Richiamato in servizio nell’artiglieria alpina nel 1938 fino all’autunno 1944. Durante la prigionia a Albertville, in un campo di lavoro dove fabbricavano casse per attrezzi vari, imparò il mestiere di falegname che praticò al ritorno a casa.







A fine guerra, entra al Lanificio Bona ma continua con qualche lavoro di falegnameria. Proprio quando stava fabbricando i mobili per il tinello di casa in vista del matrimonio (maggio 1947), la scheggia di una lima gli si conficcò in un occhio; solo qualche giorno dopo, all’Oftalmico, riscontrarono la gravità dell’accaduto e la conseguente perdita dell’occhio sinistro. Nel corso del ricovero di Agostino, poiché Luigi lavorava a Torino, andò a consegnare il cambio della biancheria ma era un giorno di pioggia a dirotto: il percorso a piedi tra un mezzo pubblico e l’altro, l’ospedale ed il posto di lavoro era piuttosto lungo; Luigi arrivò in corso Francia in ritardo e fradicio ma indossò subito la tuta e cominciò il suo lavoro. Solamente due mesi dopo, mentre scavava un fosso per il campo volo, si accorse di respirare con fatica e non poter continuare: allora fumava facendo da sé le sigarette con cartine e tabacco e lasciò la “tabachera” al compagno di lavoro, Giorgio Casalis. Da allora non ha più fumato.
Il dottor Gatti, dopo una prima visita, lo indirizzò al dispensario di Carmagnola dove gli diagnosticarono una brutta broncopolmonite con emorragia, bloccata con “sangue di bue” (un cucchiaio di questo preparato – farmacia del dottor Dodero – quattro volte al giorno per due giorni) e, quando la malattia poté dirsi superata, consigliarono a Luigi un soggiorno in montagna. Su interessamento del fratello don Francesco andò in convalescenza a La Thuile e, quando già si sentiva meglio, poiché osservava con attenzione l’andirivieni di un camion che trasportava ghiaia, fu interpellato dall’autista per questo lavoro: si stava inghiaiando la carrozzabile da Pré Saint Didier al Colle del Piccolo San Bernardo. Infine non accettò.

Nel 1949, mentre è disoccupato, gli propongono un posto come autista presso la ditta Autotrasporti Davoli e, nell’arco di una sola settimana, gli viene rilasciata la patente per condurre gli automezzi: fa servizio sul tragitto Torino-La Spezia ma solamente per diciotto mesi in sostituzione di un autista chiamato per il servizio militare. I corrieri facevano però capo ad un recapito in via San Pio V civico 2 ed ha così modo di entrare presso la ditta Sisto & Rovere (droghe e coloniali) in corso Unione Sovietica 43, nei pressi dell’ospedale Mauriziano, per effettuare trasporti in tutto il Piemonte ma specialmente nel Cuneese. Mi permetto di aprire una parentesi: questa ditta di ”coloniali” è la stessa citata a suo tempo nella rubrica “Commerci e botteghe” con riferimento alla Drogheria Capella, perché lì aveva lavorato il figlio Mario.
Nel 1955 Luigi Smeriglio sposa Domenica Chicco, nella nostra Parrocchia, ed il matrimonio è celebrato da don Francesco (si erano conosciuti un anno e mezzo prima durante una gita in Val d’Aosta, primo appuntamento al cinema “La Settima Arte”). Nel 1961 nasce il figlio Paolo e nel 1963 rileva l’attività di corriere da Giuseppe Ternavasio: recapito e abitazione in piazza Carlo Alberto 18. Così fino al 1969 quando, in seguito al crollo di una parte del soffitto della camera al primo piano che lascia fortunatamente illesi genitori e bimbo, decidono per un’altra sede. Si presenta l’opportunità di traferirsi (sia pure a malincuore all’idea di lasciare la piazza, il centro) in via IV Novembre, nell’appartamento di nuova costruzione dove tuttora abitano, e recapito, sempre affidato alla signora Domenica, al piano terra (ora sede di una pettinatrice). L’attività prosegue fino al 1985, quando arriva il tempo della pensione.
Luigi non si è mai interessato di politica: solamente nel 1944 il fratello Geppe lo aveva coinvolto nel conteggio dei passaggi dei camion militari diretti a Cuneo da Torino e viceversa e visse, suo malgrado, un brutto momento con suo padre quando due neofascisti entrarono nella loro casa alla ricerca di biciclette: erano nascoste sotto una tettoia, coperte da lunghi steli di piante di canapa e ne requisirono una, col cambio “Vittoria”, acquistata da Cavallo. Negli anni dal 1978 al 1983 fu presidente della Commissione Tributaria.

Nel 1988 scopre la montagna, in seguito all’incontro durante le vacanze estive con alcuni appassionati, e da quel momento “scatta la voglia di salire”: fino al 2010 con Bruno Valinotti, Felice Folegatti ed altri amici, un programma di impegnative escursioni lo vedeva fuori casa quasi tutte le domeniche. Ha conservato le cartine delle vallate che sfoglia con un po’ di nostalgia ma soprattutto ha superato brillantemente un grave problema di salute. Una calorosa stretta di mano e la promessa di ritrovarci per altri ricordi legati alla nostra città.

Nella foto: In vetta al Monviso, settembre 1997. Da sinistra Luigi Smeriglio, Roberto Valinotti, Felice Folegatti, Bruno Valinotti.
Ringrazio la signora Maria Antonietta Smeriglio Milani, figlia del signor Agostino.


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