Scorie nucleari e deposito unico nazionale: Consiglio regionale aperto e un’intera seduta dedicata al tema

scorie nucleari

Il futuro deposito nazionale unico per le scorie nucleari e l’elenco, reso pubblico a inizio gennaio, dei siti individuati come potenzialmente idonei ad accoglierlo (67 in tutto  di cui otto in Piemonte, Carmagnola compresa)  è stato il tema del consiglio regionale aperto che ha impegnato Palazzo Lascaris per l’intera giornata di oggi, martedì 26 gennaio. A dare il tono al dibattito e chiarire la posizione della Regione è stato il presidente Alberto Cirio che, in apertura, ha dichiarato:  “Dobbiamo darci un metodo diverso perché il Piemonte sul nucleare la sua parte l’ha già fatta, pagando personalmente in termini di salute pubblica, occupazione del territorio, investimenti di turismo: abbiamo già subito scelte del passato. Il metodo utilizzato è sbagliato. Si tratta di scelte impattanti che non si possono assumere senza il coinvolgimento diretto dei sindaci e dei cittadini. Non è rispettoso istituzionalmente, nei confronti delle competenze dirette dei primi cittadini e della Regione stessa”.

Cirio ha quindi ringraziato il Consiglio regionale del Piemonte che, primo in Italia, ha voluto aprire un dibattito pubblico e aperto sul tema. Alla riunione in videoconferenza, hanno partecipato anche molti parlamentari piemontesi e soggetti interessati: “Si deve porre il problema per trovare una soluzione, ma solo con metodi partecipativi e con il rispetto delle comunità territoriali – ha ribadito -. Come Regione faremo da garanti perché la voce dei territori giunga nei palazzi dove si decide sulla vita reale delle persone, perché su questi temi non ci sono colori o maggioranze ma la salute pubblica di un Paese. Personalmente ho appreso della possibilità che il Piemonte potesse ospitare diversi siti di stoccaggio attraverso agenzia di stampa. Situazioni e valutazioni di questo genere non possono essere presi in qualche ministero romano per poi essere trasmessi a mezzo stampa ai territori interessati”.

Luigi Perri, presidente di Sogin, la società pubblica responsabile della gestione degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, ha sottolineato nel suo intervento di essere  “consapevole della complessità del tema, obiettivo strategico non solo per il Piemonte ma per Italia che ci consentirà di risolvere problematica annosa senza doverla trasferire alle generazioni future”.

Perri ha voluto rassicurare gli intervenuti riguardo la partecipazione alle scelte:  “La carta dei siti potenzialmente idonei che è stata pubblicata, non è ancora definitiva ma si tratta semplicemente di una traccia, una mappatura ipotetica che terrà conto di tutte le valutazioni tecniche che riceveremo da questi territori, per giungere a decisioni condivise. Sogin seguirà dibattito garantendo supporto a tutti i soggetti interessati e accoglierà eventuali modifiche. Ribadisco che il deposito nazionale è un’infrastruttura fondamentale perché ci consentirà di razionalizzare e di efficentare il sistema rispetto agli attuali 19 siti provvisori sparsi per Italia”.

Emanuele Fontani, amministratore delegato, ha aggiunto: “Sogin è proprietà dello Stato e noi facciamo ciò che lo Stato ci dice di fare, quindi lavoriamo per il deposito nazionale unico. Oggi abbiamo 19 siti di stoccaggio e si è iniziata la procedura di individuazione, che sarà effettuata con la massima partecipazione democratica, dei territori potenzialmente idonei. Del resto il prodotto principale di Sogin è appunto la sicurezza dei cittadini”.

Fabio Chiaravelli, direttore deposito nazionale ha ricordato: “Da anni si lavora su questo progetto, le attività specifiche hanno avuto inizio nel 2010, ma il problema nasce ben prima, già negli anni Sessanta. Si tratta di iniziare la procedura di localizzazione, pubblicando la carta delle località potenzialmente idonee. Questo serve per iniziare la procedura: da qui in poi si comincia, non c’è nulla di deciso, ma c’è il materiale per poter cominciare a parlare e poi a decidere. Si mira al coinvolgimento di tutti coloro che sono interessati nei territori che potenzialmente risultano idonei alla collocazione del deposito nazionale”.

“Il deposito – ha voluto specificare Chiararelli – non è una discarica, ma un’infrastruttura di superficie ingegneristica che contiene in piena sicurezza i rifiuti radioattivi. Consistono in circa 95mila metri cubi, compresi i contenitori. Non ci sono rifiuti sciolti o liberi. Di questi, 78mila sono di attività molto bassa o bassa e 17mila a media e alta attività: tra questi ultimi anche quelli che torneranno presto da Francia e Gran Bretagna dove sono stati inviati per essere trattati. Oggi abbiamo depositi temporanei, ma nessuno di questi siti ha le caratteristiche per poter diventare deposito nazionale. La gestione in sicurezza di un sito unico centralizzato sarà molto più semplice”.

Dopo l’intervento di Francesco Bochicchio, istituto superiore Sanità, Maurizio Pernice, direttore dell’ispettorato nazionale sicurezza nucleare ha sottolineato che il ritardo nella realizzazione del deposito unico rappresenta maggiori costi per il Paese: “Il deposito unico sarebbe ancora più sicuro e costerebbe meno. Quanto alle osservazioni da proporre, condivido che sessanta giorni per una materia del genere sono realmente insufficienti. Ma in realtà ci sono due termini, quello di 60 giorni per le osservazioni e 120 giorni per preparare il seminario. Dopodiché ci sono altri 30 giorni dalla scadenza del seminario”.




 

Il vicerettore del Politecnico di Torino, Roberto Zanino, professore impianti nucleari ha ricordato: “Il tema è delicato, ma non procrastinabile. C’è già una procedura di infrazione europea aperta sul punto. Oggi il Piemonte ospita già la maggior parte dei depositi nucleari e il nostro Ateneo si mette a disposizione per aiutare nelle decisioni, anche ai fini di una corretta comunicazione e diffusione della questione”. Gian Carlo Avanzi, rettore Università del Piemonte orientale, ha sottolineato che “oltre al deposito è previsto anche un centro di ricerca, che potrebbe essere un importante volano di occupazione e crescita per il territorio. I depositi ci sono già, si tratta soltanto di organizzare meglio la situazione”.

Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura, ritiene inopportuno che il Piemonte sia la “pattumiera d’Italia”, visto che già oggi ha l’84% delle scorie nucleari sul proprio territorio.

Anna Andorno, presidente Carp – coordinamento ambientalisti rifiuti Piemonte Vercelli ha sottolineato che la fragilità del nostro territorio può essere messa ancora più a rischio. Negli anni il Piemonte è stato sotto attacco ambientale, da Saluggia a Trino.

Gian Piero Godio di Legambiente, ha ricordato a sua volta che già il Piemonte è di fatto la regione dove si concentrano i depositi di scorie nucleari, per cui creare quello unico nazionale può essere anche un vantaggio. Nei passaggi successivi della procedura si dovrà evidenziare che alcune aree individuate in Piemonte come potenzialmente utilizzabili, presentano falde profonde e possibilità di alluvione. Valerio Grosso, dell’associazione Piccoli Comuni, ha lamentato la scarsa o nulla partecipazione da parte dei territori e dei municipi sino a questo momento dell’individuazione dei siti. Luisa Memore, presidente piemontese Medici per l’Ambiente, ha sostenuto che se per caso si decidesse per il Piemonte, come contropartita bisogna chiedere bonifiche di altre zone oggi compromesse.

Gian Matteo Passuello, vicepresidente Uncem Piemonte ha insistito sulla necessità di massima partecipazione dei territori.

Nel corso della mattinata si sono susseguiti altri interventi di associazioni e soggetti interessati. I rappresentanti di molti territori si sono detti “diffidenti” per le scelte assunte, visto che  “sui 12 siti ritenuti più idonei, addirittura 7 sono nella nostra Regione”.
Il parere del territorio per noi è fondamentale.- ha sottolineato nella seduta pomeridiana l’assessore regionale all’ambiente Matteo Marnati –  Dobbiamo ascoltare gli enti locali e continueremo a farlo. Siamo gli unici, al momento, ad aver convocato il tavolo per la trasparenza, proseguiremo con questa attività, ogni due settimane, per dare tutte le informazioni e il supporto. A fine iter il Piemonte sarà chiamato, come tutte le regioni, per autocandidarsi, se non ci sarà la disponibilità di qualche Comune non daremo parere positivo”. E ha proseguito:
“Il prossimo tavolo è convocato per il 10 febbraio e lì discuteremo anche delle compensazioni, il sito nazionale delle scorie nucleari avrà un miliardo di investimento e occuperà 4 mila persone, è un aspetto che dobbiamo considerare. Sono contrario all’utilizzo di suolo agricolo, il Piemonte è conosciuto per l’eccellenza agroalimentare e questo è uno dei pochi settori in crescita. Sono stato in visita alla centrale di Trino, che è in fase di smantellamento, e lì ho visto un capitolo, chiuso, della storia industriale italiana. Ho chiesto a Sogin la possibilità di convertire la ex centrale in museo, l’unico al mondo di centrale dismessa, per preservare cimeli e tecnologie della storia industriale piemontese e italiana”,

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