GIUGNO 2023 – IL NOTAIO RISPONDE – A cura del notaio Gabriele Naddeo

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GIUGNO 2023 IL NOTAIO RISPONDE  A cura del notaio Gabriele Naddeo

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  • Voglio cedere un ramo d’azienda. Occorre un atto pubblico? L’affittuario che entrerà può cambiare il nome della società?

Ipotizzando che si tratti davvero di una cessione di ramo d’azienda (spiegherò più avanti perché), occorrerà o l’atto pubblico o la scrittura privata autenticata, poiché bisognerà depositare l’atto presso la competente Camera di Commercio. Sempre che si tratti di cessione di ramo d’azienda, ciò che al massimo l’acquirente potrà modificare sarà la “ditta” ossia il nome che identifica l’azienda stessa. Viene, tuttavia, il dubbio che si tratti, più che di una cessione di ramo d’azienda, di una cessione di quote societarie; in tale ultimo caso, infatti, oggetto della cessione non è solo l’azienda (ossia l’insieme dei beni e dei contratti in virtù dei quali viene esercitata una parte dell’attività), bensì la quota, probabilmente di maggioranza, della società che possiede l’azienda. Se così fosse, in effetti, il nuovo socio di maggioranza ben potrebbe modificare il nome della società.

 

– Vorrei far entrare un mio amico nella azienda agricola che abbiamo da poco creato. Come denominazione sociale è una srl. Specifico che il mio amico è di passaporto statunitense. È possibile?

In questo caso ci troviamo di fronte ad una vera e propria acquisizione di quote societarie che potrà avvenire in due modi: cessione da parte di un socio ad un terzo non socio; aumento di capitale offerto ad un soggetto non socio. Il fatto che sia una srl rende, sotto certi aspetti, più facile l’operazione. La cittadinanza del potenziale nuovo socio comporta che: dovrà essere rispettato il principio di reciprocità (ossia egli potrà stipulare in Italia, gli stessi atti che un italiano potrà stipulare negli USA); dovrà dotarsi di codice fiscale italiano (che va richiesto presso l’Agenzia delle Entrate).

 

– Vorrei acquistare un box. Anche per questa pertinenza si applica la norma del prezzo-valore? La cifra stabilita al momento dell’acquisto deve essere integralmente dichiarata in atto?

La risposta alla prima domanda è assolutamente positiva, a condizione che il box sia posto come pertinenza di abitazione ubicata all’interno del medesimo comune; anche la seconda domanda trova risposta positiva: non dichiarare l’intero prezzo non comporterebbe alcun beneficio (anzi), tanto più che le imposte si pagano sul valore catastale e non sul prezzo.

 

– Ho un problema di liquidità e sono intenzionato a ricorrere a una fideiussione. È meglio rivolgersi a una banca o a una assicurazione? E cosa succede se non riesco a onorare il contratto?  

La fideiussione (o fidejussione), in diritto, è un negozio giuridico con il quale un soggetto, chiamato fideiussore, garantisce un’obbligazione altrui (debitore), obbligandosi personalmente nei confronti del creditore del rapporto obbligatorio. Tizio si obbliga verso Caio a pagare il debito di Sempronio, nel caso in cui Sempronio non riuscisse. Non ci sono preferenze circa il soggetto che emette la polizza fideiussoria, se non in alcuni casi in cui il creditore chieda espressamente l’una o l’altra. Per rispondere alla seconda domanda, bisogna partire dal presupposto che, solitamente, banche e assicurazioni chiedono idonee garanzie prima di concedere una fideiussione. In ogni caso, qualora il soggetto debitore non riesca a pagare, il fideiussore avrà azione di regresso e potrà ottenere la restituzione di quanto pagato in luogo del debitore attaccando l’intero suo patrimonio.

Studio Notarile Naddeo – Sede: Caselle Torinese  (via Roma 2) tel. 011.9975970; Sede aggregata: San Maurizio Canavese (via Vittorio Emanuele 34); Ufficio secondario: Carmagnola (viale Garibaldi 14) tel. 011.9711881. 

 

NOVITA’ GIURISPRUDENZIALI

  • Cassazione, ordinanza 16 maggio 2022, n. 15613, sez. II civile

CONDOMINIO – Assemblea – Area comune – Parcheggio – Riassegnazione posti auto – Delibera – Unanimità – Criteri – Legittimità – Difforme.

Principio ulteriormente chiarito dalla cassazione: l’assemblea condominiale, con le maggioranze che le sono proprie può decidere in merito all’utilizzo delle cose comuni, ma non può incidere sui diritti dei singoli condomini. Nel caso di specie si tratta di posti auto; il tutto sempre nell’ottica della parità di trattamento. Un condomino non può essere preferito ad altri.

E’ consentito all’assemblea, nell’ambito del potere di regolamentazione dell’uso delle cose comuni ad essa spettante e con delibera approvata con la maggioranza stabilita dall’art. 1136 c.c., comma 2, individuare all’interno del cortile condominiale i singoli posti auto di cui possano fruire i singoli partecipanti, al fine di rendere più ordinato e razionale il godimento paritario, ovvero, allorché sia impossibile il simultaneo godimento in favore di tutti i comproprietari, prevedere il godimento turnario del bene. Una siffatta delibera mantiene, invero, un valore meramente organizzativo delle modalità d’uso delle cose comuni, senza menomare i diritti dei condomini di godere e disporre delle stesse.

La regolamentazione dell’uso della cosa comune ai fini della individuazione dei posti auto, in assenza dell’unanimità, deve comunque seguire il principio della parità di godimento tra tutti i condomini stabilito dall’art. 1102 c.c., il quale impedisce che possa essere riconosciuto soltanto ad alcuni il diritto di fare un determinato uso del bene.

La delibera non può invece validamente contemplare la definitiva assegnazione nominativa a favore di singoli condomini, in via esclusiva e per un tempo indefinito, di posti fissi nel cortile comune per il parcheggio delle autovetture, né trasformare l’originaria destinazione del bene comune rendendone inservibili talune parti dell’edificio all’uso o al godimento anche di un singolo condomino, né addirittura procedere alla divisione del bene comune con l’attribuzione di singole porzioni individuali, occorrendo a tal fine l’espressione di una volontà contrattuale e quindi il consenso di tutti i condomini.

 

  • Cassazione, sentenza 25 luglio 2022, n. 23051, sez. unite civili

FONTI DEL DIRITTO – INTERPRETAZIONE DEGLI ATTI NORMATIVI – LETTERALE – Norme tributarie – Interpretazione letterale – Primato – Fondamento.

La cassazione ribadisce l’ordine gerarchico delle modalità di interpretare la legge, in particolare quella tributaria: la preminente rimane assolutamente quella letterale e, ove questa non fosse sufficiente, subentreranno gli ulteriori criteri (sistematico, analogico, conservativo). L’interpretazione delle norme tributarie non si sottrae al primato del criterio letterale, che, per il suo carattere di oggettività e per il suo naturale obiettivo di ricerca del senso normativo maggiormente riconoscibile e palese, rappresenta il criterio cardine nella interpretazione della legge e concorre alla definizione in termini di certezza, determinatezza e tassatività della fattispecie impositiva, che l’articolo 2 della legge 212 del 2000 vuole sorretta da disposizioni chiare e trasparenti.

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