Inverni miti ed estate torride per un olio di alta qualità anche in Piemonte: il cambiamento climatico favorisce l’olivocoltura nel Torinese, da Moncalieri alla valle di Susa

olivocoltura

Le alte temperature cambiano l’agricoltura. Con il cambiamento climatico si diffonde nuovamente la coltura dell’olivo anche nelle valli e nelle fasce pedemontane della provincia di Torino. Ben presente in epoca romana, l’olivo nel Torinese sta tornando come vera coltivazione da reddito dopo essere timidamente tornato nei giardini a scopo ornamentale.

“Negli ultimi secoli – spiegano da Coldiretti Torino –  le zone alpine e prealpine torinesi non sono mai state adatte alla coltivazione di questa pianta mediterranea. Ma con le estati torride e siccitose, e soprattutto con gli inverni miti, la millenaria coltura dell’olivo sta prendendo piede anche in fasce altimetriche prima impensabili in valli come la valle di Susa e l’ingresso della valle d’Aosta scavate dai ghiacciai e un tempo caratterizzate da inverni nevosi e suoli gelati”.

In provincia di Torino sono 33 gli ettari destinati all’olivicoltura da olio. La produzione è di circa 1300 quintali di olive appartenenti a una dozzina di cultivar diverse tra cui prevale la varietà Leccino, più resistente alle residue gelate. Da questa produzione si ricavano 19500 litri di olio extravergine spremuto a freddo. Un olio di altissima qualità dove, mediamente, prevalgono i sentori delicati, che sono quelli, tradizionalmente più apprezzati dai piemontesi.

La giovane olivicoltura torinese è ben diffusa sui versanti della collina torinese soprattutto nei comuni di Moncalieri, Casalborgone, Pino torinese e Pecetto. Ma è proprio nelle valli e nelle prealpi a raggiungere le maggiori estensioni. Le piante più alte, secolari, sono nel comune di Gravere a 700 mt. nel cuore della valle di Susa dove, alla stessa quota, nel comune di Mattie, si stanno realizzando nuovi impianti. Ma l’olivicoltura è ormai un’attività solida anche in un’altra zona montana più famosa per i formaggi di alpeggio che per l’olio: l’imbocco della valle d’Aosta, a Settimo Vittone, dove esiste anche un frantoio a disposizione dei produttori. Altra zona di diffusione dell’olivo è il Pinerolese pedemontano dove la coltura è praticata soprattutto sulle alture di Pinerolo, Cumiana, Bricherasio. L’olivo sta prendendo terreno anche nel Canavese: a Vialfrè è presente l’altro frantoio a disposizione dei produttori del Torinese.

“Con il cambiamento climatico – osserva il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – non solo le colline ma anche le montagne torinesi hanno il loro olio. Non si tratta più di esperimenti o di giardinaggio con il gusto per l’esotico ma di vera attività agricola che Coldiretti incoraggia e segue con l’assistenza degli uffici di zona. L’accoglienza riservata dai nostri agricoltori alla coltivazione dell’olivo dimostra come l’agricoltura sia pronta all’innovazione e dimostra come i coltivatori siano resilienti. Tra l’altro, l’olio torinese, non ha nulla da invidiare a oli di altre aree del Nord Italia e raggiunge altissimi livelli qualitativi altro dato che dimostra che la nostra olivicoltura si è lasciata alle spalle la fase hobbistica e punta a raggiungere livelli di eccellenza anche in un territorio come il nostro dove mancava una specifica tradizione agraria di coltivazione dell’olivo”.

 




 

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