Le collezioni dimenticate in mostra: “Africa” nelle Sale Chiablese fino al 25 febbraio

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Fino al 25 febbraio le Sale Chiablese dei Musei Reali di Torino (piazzetta Reale 1 – www.museireali.beniculturali.it) ospitano Africa. Le collezioni dimenticate. La mostra, a cura di Elena De Filippis, Enrica Pagella e Cecilia Pennacini, è ideata e prodotta dai Musei Reali con la Direzione Regionale Musei Piemonte e il Museo di Antropologia ed Etnografia dell’Università di Torino, in collaborazione con il Museo delle Civiltà di Roma, CoopCulture e con il contributo di Tuxor SpA.

L’esposizione propone 160 opere in gran parte inedite – sculture, utensili, amuleti, gioielli, armi, scudi, tamburi e fotografie storiche – provenienti dalle collezioni delle residenze sabaude e dal Museo di Antropologia di Torino, con prestiti dal Museo delle Civiltà di Roma e da Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica di Torino. Il percorso è suddiviso in cinque sezioni che documentano una pagina delle relazioni tra la nuova Italia, prima sabauda e poi fascista, con il Congo Belga, l’Eritrea, la Libia, la Somalia e l’Etiopia nell’età dello scramble for Africa. La mostra termina con The Smoking Table di Bekele Mekonnen, un intervento site-specific che, a partire dalla conferenza di Berlino che nel 1884-1885 sancì la spartizione del continente africano, esplora l’eredità del colonialismo nella nostra storia presente.

La prima sezione, Esploratori, avventurieri e consoli, è dedicata alle raccolte che si sono formate tra il 1857 e il 1890, indagate attraverso le figure di Giacomo Antonio Brun-Rollet, esploratore delle sorgenti del Nilo in Sudan, di Vincenzo Filonardi, armatore e console a Zanzibar nel 1882, e di Giuseppe Corona, attivo in Congo.

Le vie dello sfruttamento: ingegneri in Congo focalizza l’attenzione sulla partecipazione di ingegneri e tecnici piemontesi come Pietro Antonio Gariazzo, Carlo Sesti, Tiziano Veggia e Stefano Ravotti, all’amministrazione coloniale belga in Congo, con una selezione di armi, strumenti musicali, tessuti, monili e oggetti d’uso quotidiano. Curiosa è la vicenda di Stefano Ravotti, giovane meccanico che nel 1900 vendette la sua collezione di armi provenienti dal Congo – coltelli, spade, lance, pugnali – all’Armeria Reale.

La terza sezione, Colonizzare la montagna: il Rwenzori, rilegge la spedizione di Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, Duca degli Abruzzi, nella dimensione di un’appropriazione simbolica del paesaggio africano. Alle vette, considerate sacre dalle popolazioni locali, furono attribuiti nuovi toponimi legati ai protagonisti dell’aristocrazia europea. Tra i compagni di avventura figurava Vittorio Sella, uno dei più importanti fotografi di montagna, che documentò la conquista del Rwenzori con una straordinaria serie di immagini fotografiche.

Dalla spartizione dell’Africa all’aggressione coloniale racconta l’espansione del Regno d’Italia in Eritrea, avvenuta dopo l’apertura del Canale di Suez nel 1869, con la compravendita della baia di Assab, divenuta il primo possedimento dell’Italia in Africa. La sezione, che segue l’evoluzione storica della colonizzazione italiana del Corno d’Africa e della Libia fino all’occupazione dell’Etiopia nel 1935-1936, accoglie opere provenienti da Eritrea, Cirenaica e Tripolitania, Somalia, Etiopia: tra queste figurano soprattutto scambi e doni diplomatici, come quelli dell’imperatore Menelik II con Vittorio Emanuele II, come il bracciale in argento e filigrana d’oro o lo splendido tamburo di uso liturgico (kebero). A questi si aggiungono manufatti depredati nel corso dell’occupazione, tra cui i “trofei di guerra” sottratti dall’esercito italiano ai dervisci sudanesi e ai combattenti etiopi.

 

 




 

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