APRILE 2024 – IL NOTAIO RISPONDE  A cura del notaio Gabriele Naddeo www.notaionaddeo.it – www.gabrielenaddeo.it

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IL NOTAIO RISPONDE

A cura del notaio Gabriele Naddeo

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  • Ho firmato il compromesso per acquistare un box auto, versando una caparra di mille euro ma ora la parte venditrice non è più intenzionata a cedere la proprietà. Come posso tutelarmi?

Con la sottoscrizione del contratto preliminare (che comunemente viene definito “compromesso“) di vendita di immobile il proprietario del bene si obbliga a vendere mentre la controparte si obbliga ad acquistare quel determinato cespite a un prezzo concordato. Per effetto della sottoscrizione, dunque, le parti sono giuridicamente obbligato a procedere, nei termini pattuiti, alla compravendita. Cosa succede se una delle parti non vuole onorare l’accordo? In questo caso il nostro ordinamento giuridico prevede, sostanzialmente, due rimedi: il primo è di tipo esclusivamente  risarcitorio e prevede la risoluzione del contratto con l’obbligo di risarcire il danno alla controparte. Se è stata versata una caparra, e chi la versata è inadempiente, la perde, se invece l’inadempiente è colui che la ricevuta deve restituirne il doppio;  Il secondo rimedio, invece, prevede la possibilità per il soggetto adempiente di agire in giudizio ed ottenere la cosiddetta esecuzione in forma specifica del contratto (articolo 2932 del codice civile); in questo modo, la sentenza dell’autorità giudiziaria sostituisce la conclusione del contratto. Vi è poi la possibilità di ottenere un ulteriore tutela per chi compra: se il contratto preliminare viene stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata da notaio e viene trascritto nei pubblici registri, il soggetto acquirente – purché il trasferimento venga perfezionato entro tre anni dalla trascrizione del contratto preliminare – è protetto da qualsiasi evento successivo che potrebbe impedirgli l’acquisto, come ad esempio un’ipoteca, un pignoramento o addirittura una vendita sullo stesso bene ad altri soggetti.

  • Qual è la differenza tra acconto sul prezzo di vendita di un immobile e caparra confirmatoria?

L’acconto sul prezzo altro non è che, come dice il termine, un’anticipazione di quello che sarà poi il prezzo di compravendita: esso, in automatico, verrà imputato alla somma che la parte venditrice alla firma del contratto definitivo dovrà avere. La caparra, invece, ha la funzione di anticipazione del risarcimento del danno: come scritto sopra, infatti, può essere trattenuta da chi l’ha ricevuta se il soggetto in adempiente e chi l’ha versata e, al contrario, se chi l‘ha ricevuta è colui che si rivela inadempiente, costui dovrà versare il doppio alla controparte. Nulla toglie, tutta via, che in fase di contratto definitivo le parti, convenzionalmente, nella fisiologia dei loro rapporti decidano di imputare la caparra al prezzo, mutandone così la natura.

– Vorrei dar vita a una società in accomandita semplice. È corretto che solo i soci accomandatari rispondono dei debiti?

La risposta è assolutamente positiva ma è opportuno approfondire un paio di punti: il socio accomandatario risponde dei debiti della società in maniera illimitata, ossia con il proprio patrimonio, mentre il socio accomandante risponde dei debiti della società ma limitatamente al valore della quota dallo stesso versata. La legge, tutta via, prevede delle circostanze in cui anche l’accomandante risponde illimitatamente: in primo luogo, quando consenta che il proprio nome venga inserito nella ragione sociale, ossia nel nome della società. In una società, di esempio, in cui Tizio sia l’accomandante e Caio l’accomandatario, qualora il nome della società sia “Tizio e Caio S.a.S.“, anche Tizio risponderà con tutto il proprio patrimonio dei debiti della società. La spiegazione risiede nel fatto che, nelle società di persone, il terzo si affida molto alle persone, dunque alla reputazione, dei soci e, dunque, chi presta il proprio nome a quello della società, di fatto si espone nei confronti dei terzi.  Una seconda fattispecie di responsabilità illimitata, si ha in tutti casi in cui il socio accomandante spenda il nome della società nei confronti di terzi dichiarando di agire in suo nome, oppure inserisca nell’amministrazione della società stessa.

– Siamo tre fratelli impegnati nella conduzione di una piccola industria artigianale regolata da un patto di famiglia. In caso di decesso di un componente la quota finirebbe agli altri fratelli. Questa disposizione è protetta dalle rivendicazioni degli eredi legittimi?

Bisogna assolutamente vedere come è stato stipulato il contratto. Se, come scritto dal lettore, è stato concluso un patto di famiglia, esso per sua natura e per previsione di legge prevede che gli eredi legittimari – a pena di nullità – partecipino all’atto e siano soddisfatti nelle loro ragioni al momento della sottoscrizione del contratto stesso con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote riservate ai legittimari (a meno che questi non vi rinuncino in tutto o in parte) e, di conseguenza, rinuncino ad ogni prerogativa ereditaria sull’azienda trasferita con il patto di famiglia. All’apertura della successione dell’imprenditore alcuni nuovi soggetti potrebbero assumere la qualifica di legittimari dopo la stipula del patto di famiglia (ad esempio, il nuovo coniuge dell’imprenditore vedovo o celibe; nuovi figli): in questo caso costoro potranno chiedere ai beneficiari del patto di famiglia il pagamento di una somma pari al valore della quota di legittima che gli spetta per legge.

– Sto per stipulare un leasing immobiliare abitativo. Cosa succede se la società di leasing fallisce?

Con ogni probabilità è stato stipulato un atto pubblico oppure è stata sottoscritta una scrittura privata autenticata, in entrambi casi di fronte a Notaio con seguente registrazione e trascrizione del contratto; se è così, a meno che il fallimento non voglia procedere ad una revocatoria fallimentare, sempre che sia giustificata, nel caso non voluto di un fallimento della società di leasing il cliente potrebbe continuare a versare i canoni per poi domandare la stipula del contratto di vendita una volta conclusi i pagamenti.

 

NOVITA’ GIURISPRUDENZIALI

Cassazione, ordinanza 29 maggio 2023, n. 14976, sez. II civile. CONTRATTI IN GENERE – CONTRATTO PRELIMINARE (COMPROMESSO) (NOZIONE, CARATTERI, DISTINZIONE) – ESECUZIONE SPECIFICA DELL’OBBLIGO DI CONCLUDERE IL CONTRATTO – Preliminare di compravendita immobiliare – Mancata produzione dei documenti attestanti la regolarità urbanistica dell’immobile – Adempimento del promissario acquirente – Deposito in giudizio di perizia giurata – Ammissibilità. Importante ordinanza della suprema corte, che afferma il principio in virtù del quale, in tema di esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, nel caso in cui il promittente alienante non assolva all’onere di produrre i documenti attestanti la regolarità urbanistica dell’immobile, il promissario acquirente può, al fine di ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c., supplire a tale omissione mediante la produzione in giudizio di una perizia giurata di un tecnico di sua fiducia. Quando vi è un giudizio di esecuzione in forma specifica, la sentenza sostituisce il contratto e, di conseguenza, le dichiarazioni delle parti non trovano spazio; se, quindi, non è possibile ottenere le dichiarazioni urbanistiche da parte del promittente venditore, l’acquirente può procedere con la perizia.

Cassazione, ordinanza 24 maggio 2023, n. 14274, sez. II civile DIVISIONE – DIVISIONE EREDITARIA – OPERAZIONI DIVISIONALI – FORMAZIONE DELLO STATO ATTIVO DELL’EREDITÀ – COLLAZIONE ED IMPUTAZIONE – RESA DEI CONTI – OGGETTO – Collazione di donazioni ricevute – Dispensa parziale – Ammissibilità – Fondamento. La dispensa dalla colazione è l’istituto con cui il donante esonera il donatario da imputare alla quota di legittima quanto donato; in altri termini, il donatario, al momento della morte del donante, potrà chiedere l’intera quota di legittima in patrimonio ereditario, oltre al bene donato. Se, al contrario, non ci fosse la dispensa dalla colazione, il donatario dovrebbe scalare dal valore della quota di legittima il valore del bene donato. Per la corte di cassazione è legittima la clausola con la quale il donante dispensi espressamente e parzialmente il donatario dalla collazione, non essendoci ragione per negare al donante la facoltà di esplicare la propria autonomia anche con il prevedere una dispensa parziale da collazione.

REVOCATORIA- Cassazione, ordinanza 13 giugno 2023, n. 16680, sez. II civileRESPONSABILITÀ PATRIMONIALE – CONSERVAZIONE DELLA GARANZIA PATRIMONIALE – REVOCATORIA ORDINARIA (AZIONE PAULIANA); RAPPORTI CON LA SIMULAZIONE – AMBITO OGGETTIVO – Azione revocatoria – Donazione indiretta di immobile mediante versamento, da parte del debitore, del denaro necessario ad acquistarlo – Ammissibilità – Fattispecie. Con questa ordinanza, la corte di cassazione statuisce che anche con una donazione indiretta il debitore può essere attaccato con l’azione revocatoria; la donazione indiretta si ha in tutti quei casi in cui un soggetto permette ad un altro di arricchire il proprio patrimonio senza che vi sia ho un impoverimento diretto del patrimonio del donante. Si pensi al caso in cui un soggetto fornisce alla propria moglie e dei propri figli il denaro utile per comperare una situazione. L’azione revocatoria, pertanto, può avere ad oggetto la donazione indiretta che il debitore abbia compiuto in favore degli acquirenti del bene da un terzo, fornendogli il denaro necessario per la relativa compravendita.

CONDOMINI. Cassazione, sentenza 27 settembre 2023, n. 27432, sez. II civile CONDOMINIO – Sottotetto – Parti comuni – Requisiti. Con la presente sentenza la corte di cassazione esprime un principio molto chiaro in materia di sotto tetti condominiali: prima di tutto bisogna analizzare i titoli, ossia i singoli atti di compravendita ed il regolamento di condominio qualora sia stato stipulato; in mancanza bisognerà guardare il dato fattuale, ossia come è strutturato il vano sottotetto. Se esso risulti in concreto, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, oggettivamente destinato, anche solo potenzialmente, all’uso comune o all’esercizio di un servizio di interesse comune, va considerato bene comune; il sottotetto può considerarsi, invece, pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva all’esclusiva funzione di isolare e proteggere dal caldo, dal freddo e dall’umidità, e non abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo.

 

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