A GARDEN OF MY OWN, Emanuela Bernascone – Simon Hantaï alla Fondation Louis Vuitton a Parigi

Simon Hantaï

Simon Hantaï, Tabula (foto Camilla Bellantuono)

A GARDEN OF MY OWN, Emanuela Bernascone – Simon Hantaï alla Fondation Louis Vuitton a Parigi

Dal 2014 ogni viaggio a Parigi che si rispetti non può non includere una gita alla Fondation Louis Vuitton (www.fondationlouisvuitton.fr). E non a caso parlo di gita, perché raggiungere la FLV può essere alquanto avventuroso… La prima volta ho deciso di andarci in bicicletta, erano i fulgidi anni dei Vélib parigini e io non mi ero chiesta se di fronte avrei trovato i parcheggi per le bici. E no, non li ho trovati.

Simon Hantaï

(foto Camilla Bellantuono)

L’ultima volta mi sono sentita molto brillante mentre affittavo il mio monopattino elettrico, così non avrei dovuto pedalare per tutti gli Champs Élysées e per l’elegantissima Avenue Foch. E in effetti la prima parte del viaggio è andata a meraviglia, il vento nei capelli e nessuna fatica ad affrontare le salite, purtroppo, essendo la FLV all’interno del Bois de Boulogne e quindi oltre la périphérique, i monopattini si piantano di colpo e se sei molto fortunato scampi un incidente nella Place Porte Maillot ma devi comunque attraversare a piedi il giardino per buoni 20 minuti.

Quindi care lettrici e cari lettori, fatevi furbi e invece di imitarmi approfittate del comodissimo transfer che la FLV mette a disposizione per i visitatori e che in 10 minuti porta da Place Charles de Gaulle all’imponente ingresso dell’incredibile creazione di Frank Gehry.

Simon Hantaï

(foto Camilla Bellantuono)

Già solo l’edificio merita la visita: a qualsiasi ora i 12 pannelli di vetro temperato che ne compongono il tetto riflettono la luce in modo diverso e sempre affascinante. L’edificio sembra un veliero con le vele spiegate e salendo sulle sue terrazze pare davvero di essere in movimento perché da lì si può ammirare gran parte della città.

Simon Hantaï

(foto Camilla Bellantuono)

Io arrivo sempre piuttosto provata -data la pessima scelta dei mezzi di trasporto- quindi spesso mi fermo al ristorante interno, le Frank, dove i camerieri sono gentilissimi e le portate semplici e appetitose. A meno di visitarla in questi giorni di canicola vi consiglio di sedervi nel déhors, per godere del piacevole Jardin d’Acclimation all’interno del quale è inserita la FLV.

Simon Hantaï

(foto Camilla Bellantuono)

Una volta rifocillati è il momento di visitare le mostre temporanee che la Fondation propone; ammetto di non essere mai rimasta delusa dalla scelta, ma quest’ultima volta la retrospettiva di Simon Hantaï mi ha davvero emozionata. Sino al 29 agosto è infatti possibile visitare la mostra del centenario della sua nascita, 150 opere di cui almeno metà mai esposte prima d’ora, accessibile su tre livelli per una superficie di 2700 metri quadrati.

Hantaï era un artista ungherese naturalizzato francese nel 1966; a 26 anni si è traferito a Parigi dove dapprima si è avvicinato al mondo surrealista poi abbandonato per sviluppare il proprio linguaggio di colori e forme.

La retrospettiva aiuta a comprendere meglio l’opera di Hantaï con l’esposizione di numerosi lavori inediti dal suo atelier e grazie all’esposizione di opere di Henri Matisse e Jackon Pollock per sottolineare la loro influenza. Allo stesso modo si evidenzia l’amicizia con artisti contemporanei quali Michel Parmentier e Daniel Buren, di cui si può ammirare un intervento monumentale intitolato Mur(s) pour Simon, travaux in situ en six mouvements concepito come un omaggio a Hantaï.

Simon Hantaï

(Camilla Bellantono)

Hantaï è stato un rivoluzionario dell’arte astratta e nel 1960 ha inventato la tecnica della piegatura, che consiste nell’applicare il colore su una tela interamente piegata, rivelandone poi i motivi spontanei stendendola su di una cornice: la serie Tabula, in mostra, è la parte che ho apprezzato più di tutti i lavori in mostra. Hantaï fu artista geniale che si immergeva nel suo tempo, un artista per il quale gli scambi con gli altri artisti, molti dei quali amici fraterni, era alla base della creazione. Io ammiro Hantaï per queste sue caratteristiche, per essere stato abitante del suo tempo, per essersi fatto attraversare da diversi stimoli artistici e per essere riuscito a tramutarli poi in un’opera personale, nuova e dirompente. Le grandi opere in mostra emozionano e comunicano una gioia di vivere e di esplorare che non è comune a tutti gli artisti contemporanei, anzi.

Simon Hantaï

Simon Hantaï, Tabula, [Paris], 1980 Acrylique sur toile 295 × 466 cm Collection particulière © Archives Simon Hantaï / ADAGP, Paris 2022 © Fondation Louis Vuitton / David Bordes

Simon Hantaï

Simon Hantaï, Tabula, [Paris], 1980 Acrylique sur toile 297 x 266 cm Collection particulière © Archives Simon Hantaï / ADAGP, Paris 2022 © Fondation Louis Vuitton / David Bordes

Emanuela Bernascone

info@emanuelabernascone.com

A garden of my own, seconda puntata – Le puntate precedenti: giugno 2022 Diplomatija astuta

A garden of my own. Ho pensato a lungo a come intitolare la mia rubrica su Ieri Oggi Domani. e alla fine la descrizione che mi è parsa più pertinente è A garden of my own; non dovrei spiegarlo, perché è così che si fa, lasciando al lettore la curiosità e il divertimento di immaginare la causa recondita e anche la soddisfazione nel pensare di aver indovinato la motivazione. Ma io sono malata di comunicazione, nel senso che amo comunicare e ho bisogno che il messaggio arrivi forte e chiaro, senza incomprensioni; quindi eccomi qui a illustrare la mia scelta: è palese il riferimento a “A room of own’s own”, di Virginia Woolf, però io ho deciso di uscire dalla stanza per entrare in un giardino, il mio giardino. Uscire allo scoperto quasi, in un luogo tutto mio dove ospitare le passioni che mi animano; quindi qui seduti sull’erba parleremo di arte -naturalmente- e di libri, serie televisive e viaggi, ma anche di tutto ciò che attira, per un motivo o per l’altro, la mia attenzione. Comincio io a raccontare, in attesa di ricevere da qualche lettrice o lettore suggerimenti di argomenti che le o gli stanno particolarmente a cuore, perché in questo mio giardino c’è posto per tutti e niente mi riempie di gioia come ospitare gli amici in casa mia!

emanuela bernasconeTorinese, Emanuela Bernascone negli ultimi 30 anni ha lavorato nella comunicazione culturale, viaggiato molto con la numerosa famiglia e a settembre è uscito il suo primo romanzo, frutto, ça va sans dire, di un viaggio: “Malta bastarda”.

 

 

 

 

 

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