Alcune domande ai futuri amministratori della Regione Piemonte – POSTA / I NOSTRI LETTORI CI SCRIVONO

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Riceviamo e pubblichiamo.

Alcune domande ai futuri amministratori della Regione Piemonte

Siamo un’associazione di promozione sociale e culturale di recente costituzione, che ha nel nome il proprio manifesto. Ci chiamiamo Molecole d’Acqua, perché l’acqua è vita e noi, ci piaccia o no, d’acqua siamo fatti. La nostra più intima essenza quindi ci induce a comportarci come molecole d’acqua, portate per intrinseca natura a legarsi tra loro per formare una goccia e ad aderire alla superficie del luogo che le accoglie. Si chiama tensione superficiale. È la forza innata che fin dalla culla lega la nostra esistenza a quella dell’Altro e ci induce a legarci affettivamente alla terra che ci ospita. È quindi evidente che comunità e territorio sono il fulcro della nostro pensiero e della nostra azione. Le elezioni regionali sono uno dei due momenti rimasti, l’altro sono quelle comunali, per dare voce ai cittadini, ai territori e alle comunità, per questo per noi – che ancora ci ostiniamo a credere nella politica, nelle istituzioni e negli ideali della nostra Costituzione – rappresentano un’occasione da non perdere per rivolgere a chi si candida a governare la nostra Regione alcune domande che ci stanno a cuore e che trovate in allegato.

Lo facciamo intanto per il tramite delle testate giornalistiche, alle quali chiediamo di pubblicare le nostre domande, perché ci interessa che esse – e soprattutto le successive risposte, che ci auguriamo ci siano – diventino di dominio pubblico ed occasione di discussione civile e di confronto democratico. Inviamo questa missiva anche a partiti politici, non solo perché le domande sono rivolte a loro, ma anche perché le utilizzino come spunto di dibattito interno e per definire i loro programmi elettorali. Per questo abbiamo scelto di inviare le nostre domande ora, prima che si apra la bagarre elettorale.

Alcune domande ai futuri amministratori regionali.
Le Regioni sono, unitamente ai Comuni, gli unici enti di territorio a rappresentanza popolare, con organi di governo costituiti attraverso regolari elezioni, e gestiscono somme ingenti in settori essenziali per la nostra vita quotidiana (sanità, formazione, sviluppo economico), nonché buona parte dei fondi europei.
Abbiamo usato nella frase precedente una locuzione, rappresentanza popolare, che già porta con sé le prime domande. Esiste ancora, in sistemi elettorali che privilegiano la governabilità alla rappresentatività, una vera rappresentanza popolare? Ci siamo scordati che la democrazia esiste solo se tutte le minoranze hanno voce e rappresentanza reale? Non sono queste però le domande che qui ci interessano. Qui ci interessa entrare nel merito di talune competenze proprie delle Regioni e quindi di diretta responsabilità dei decisori regionali, ai quali spetta non solo gestire l’esistente, ma progettare il futuro della propria Regione.
Cominciamo.
Qual è la logica che induce – oggi, con gli incredibili strumenti di interazione da remoto che abbiamo – a costruire grattacieli in cui concentrare tutto il personale regionale? Oppure a realizzare “città della salute” o “cittadelle universitarie”?
La storia industriale del nostro paese non dovrebbe averci dimostrato che il modello della “grande fabbrica” s’è rivelato fallimentare, lasciando cattedrali nel deserto da riconvertire a spese della comunità? Replicarlo oggi non pare antistorico ed autolesionistico? Perché continuare a ragionare per grandi aree urbanisticamente dedicate – residenziali, commerciali, produttive – anziché per piccole aree integrate diffuse su tutto il territorio? Com’è possibile non rendersi conto che questo modello obbliga ad una mobilità continua e crea sempre meno assi di sviluppo e sempre più periferie?
Perché si continua ad accentrare, anziché decentrare? Ma le Regioni non erano nate proprio dall’esigenza di decentramento e vicinanza ai cittadini? Come può essere vicino ai cittadini un Ente che si chiude in una torre d’avorio anziché distribuirsi in piccoli nuclei operativi sul territorio?
Come può essere vicino al cittadino se lo obbliga, per qualunque sua esigenza, a fare decine, se non centinaia, di chilometri?
Perché ci si lamenta della scarsissima natalità e poi si considera la gravidanza una malattia?
Perché i nascituri sono obbligati a venire al mondo in pochi selezionati ospedali nei soli centri urbani più grandi? Perché la stessa logica accentratrice è stata traferita ai pronto soccorso? Ma la pandemia (ammesso che la si possa ancora nominare) non ha dimostrato che le Regioni in cui esisteva ancora sanità di prossimità hanno reagito meglio ed avuto meno morti? Cos’è che impedisce di seguire un modello di sanità diffusa fatta di ambulatori territoriali, che, con una decina di persone a diversa specializzazione, consentirebbero di nascere sui territori e di dare un primo soccorso a tutti i codici verdi e gialli?

Come si concilia la sostenibilità ambientale con la mobilità parossistica a cui le scelte accentratrici di cui sopra obbligano? Come si conciliano tali scelte con la necessità di non abbandonare ad una marginalità senza futuro territori sempre più vasti, anche urbani, delle nostre regioni?
Le domande sono come le ciliegie, una tira l’altra, ma la temperanza è una virtù e noi ci fermiamo qui.
Esse sono rivolte a tutti i candidati alle prossime elezioni regionali e chiediamo ai media di farle proprie, darne visibilità e magari aggiungerne altre, perché le risposte vanno date non a noi, ma a tutti gli elettori.
Per quel che ci riguarda siamo aperti a tutte le risposte, meno una, la più gettonata: non abbiamo le risorse. Non la accettiamo per il semplice motivo che le Regioni sono dotate di portafoglio, per cui i loro amministratori hanno soltanto due compiti: scegliere come spendere i soldi che ci sono e cercare di trovarne altri attraverso una progettualità intelligente e lungimirante.

Associazione di promozione sociale e culturale Molecole d’Acqua APS

Il presidente Mauro D’Aveni

 

 




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