A GARDEN OF MY OWN, Emanuela Bernascone – Lo spettatore ha diritto di dormire, sognare, forse…

emanuela bernascone

Lino Guanciale (foto Chiara Calabrò)

L’altra sera sono andata al Teatro Colosseo di Torino con la mia amica del cuore, fan sfegatata di Lino Guanciale, a vedere “Non svegliate lo spettatore”. Nell’ultimo anno sono stata tre volte a teatro: la prima per accompagnare allo spettacolo di Pierluca Mariti le mie due figlie, la seconda per accompagnare mio marito a vedere Enrico Brignano e quest’ultima per tenere compagnia alla mia amica. A prescindere dal fatto che Mariti mi ha divertito moltissimo (avevo male agli addominali dal ridere), Brignano molto meno (quasi per niente oserei dire) e Guanciale mi ha piacevolmente stupito, forse è il caso che io sviluppi un gusto e dei desideri personali riguardo alla scelta degli spettacoli d’ora in avanti.

Non sapevo cosa aspettarmi da Guanciale, non avevo nemmeno cercato online la presentazione dello spettacolo, immersa com’ero nel mio ruolo di accompagnatrice. Per fortuna il Lino nazionale – o nazionalpopolare?! – da subito ha spiegato agli spettatori, anzi alle spettatrici in netta maggioranza, come si sarebbe svolto lo spettacolo e perché. Racconta di essere un grande estimatore di Ennio Flaiano, suo conterraneo, e di volerlo celebrare attraverso l’immensa produzione di scritti che attraversano tutti i generi letterari: dalle sceneggiature per cinema e teatro, ai romanzi – uno solo, ma imperdibile – alle recensioni di spettacoli, agli articoli di costume e attualità, sino ad arrivare ai fenomenali aforismi.

“Non svegliate lo spettatore” è dunque una provocazione di Flaiano, che esorta il pubblico a lasciarsi andare per raggiungere quel potente stato di dormiveglia in cui si è più sensibili agli stimoli, perché si possa sognare lo stesso sogno dell’attore, momento da cui ci si ridesta con il campanaccio che Guanciale consegna ad una spettatrice, da agitare le tre o quattro volte in cui lui pronuncerà la frase «Coraggio, il peggio è passato» a sancire un passaggio da una versione all’altra di Flaiano.

Lo spettacolo inizia dunque con una recensione ai limiti del comico di uno Shakespeare di Carmelo Bene, dove l’arguzia e l’intelligenza di Flaiano ci trasportano in un mondo in cui nessuno si prende sul serio; a questo punto Guanciale decide di recitare un pezzo dell’Amleto, anzi IL pezzo dell’Amleto e dalla platea provengono scrosci di applausi per una prova a mio avviso non così unica.

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Lino Guanciale (foto Chiara Calabrò)

Ma il mio interesse si è decisamente risvegliato quando l’interprete principale, con l’accompagnamento musicale di Davide Cavuti, racconta di Un marziano a Roma, unico spettacolo teatrale scritto da Flaiano e interpretato da Vittorio Gassman: sulla carta un successo annunciato. E invece fu un fiasco epocale e le lettere che si scambiarono Flaiano e Gassman esilaranti nella loro pungente intelligenza.

Così come eccezionali sono le lettere tra Fellini e Flaiano, alcune durante il felice connubio che portò ala realizzazione di capolavori come I vitelloni, La strada, Cabiria, La dolce vita e Otto e mezzo, altre del periodo successivo, quando i due si persero, volontariamente, di vista.

Guanciale racconta anche di Tempo di uccidere, unico romanzo scritto da Flaiano, che vinse la prima edizione del Premio Strega e vendette centinaia di migliaia di copie e al quale lo scrittore non volle mai far seguire altri manoscritti, perché uno scrive solo quando ha qualcosa da dire, diceva lui, e magari fosse davvero così!

Dopo la lettura di altri aforismi – Flaiano ne ha scritti talmente tanti che sulla Treccani esiste il termine flaianite, ovvero l’attribuzione errata di frasi a Ennio Flaiano – e la lettura della presa in giro dell’italiano di un grande produttore del tempo, Peppino Amato, che però “faceva a cazzotti con l’italiano” Guanciale chiude con il commovente racconto del tragico amore di Flaiano per la figlia disabile.

Quasi un’ora e mezza di spettacolo da cui si esce col desiderio di leggere tutto quel che c’è di suo, per immergersi in quell’ironia, quella intelligenza e quella visione che è così raro trovare negli intellettuali contemporanei.

Sono riconoscente a Guanciale per avermi fatto ri-scoprire un personaggio che, a suo dire, «andava risarcito, con uno sguardo sulla realtà sempre potentemente contemporaneo»; tornerei volentieri a teatro a farmi raccontare qualche altro nome di spicco della cultura italiana, ma ti chiedo un favore Lino, la prossima volta evita gli intermezzi musicali per coinvolgere il pubblico a battere le mani a ritmo, Azzurro non mi piaceva manco quando ce la cantava Celentano!

emanuela bernascone

Lino Guanciale (foto Chiara Calabrò)

A garden of my own, undicesima puntata:  Lo spettatore ha diritto di dormire, sognare, forse… Le puntate precedenti: marzo 2023 L’olandesina in cittàfebbraio 2023 JR, i Bagni Pubblici di via Agliè e il senso dell’arte pubblica: entrare in connessione con chi ti è accanto; gennaio 2023 La New York di Edward Hopper al Whitney Museum, uno sguardo orizzontale sulla città dei grattacieli; novembre 2022 Andy Warhol icona pop a Padova, sorpresa nella sorpresa; ottobre 2022 Sarà una settimana Torinissima; settembre 2022 Superficie di Olivier Norek, un libro che ti strega; agosto 2022 Greta e le Gallerie d’Italia a Torino; luglio 2022 Simon Hantaï alla Fondation Louis Vuitton a Parigi; giugno 2022 Diplomatija astuta; novembre 2022 Andy Warhol icona pop a Padova, sorpresa nella sorpresa.

A garden of my own. Ho pensato a lungo a come intitolare la mia rubrica su Ieri Oggi Domani. e alla fine la descrizione che mi è parsa più pertinente è A garden of my own; non dovrei spiegarlo, perché è così che si fa, lasciando al lettore la curiosità e il divertimento di immaginare la causa recondita e anche la soddisfazione nel pensare di aver indovinato la motivazione. Ma io sono malata di comunicazione, nel senso che amo comunicare e ho bisogno che il messaggio arrivi forte e chiaro, senza incomprensioni; quindi eccomi qui a illustrare la mia scelta: è palese il riferimento a “A room of own’s own”, di Virginia Woolf, però io ho deciso di uscire dalla stanza per entrare in un giardino, il mio giardino. Uscire allo scoperto quasi, in un luogo tutto mio dove ospitare le passioni che mi animano; quindi qui seduti sull’erba parleremo di arte -naturalmente- e di libri, serie televisive e viaggi, ma anche di tutto ciò che attira, per un motivo o per l’altro, la mia attenzione. Comincio io a raccontare, in attesa di ricevere da qualche lettrice o lettore suggerimenti di argomenti che le o gli stanno particolarmente a cuore, perché in questo mio giardino c’è posto per tutti e niente mi riempie di gioia come ospitare gli amici in casa mia!

emanuela bernasconeTorinese, Emanuela Bernascone negli ultimi 30 anni ha lavorato nella comunicazione culturale, viaggiato molto con la numerosa famiglia e a settembre è uscito il suo primo romanzo, frutto, ça va sans dire, di un viaggio: “Malta bastarda”.

 

 

 

 

 

 

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