A GARDEN OF MY OWN, Emanuela Bernascone – Ugo Mulas a Le Stanze della Fotografia, sull’Isola di San Giorgio

emanuela bernascone

Allestimento_Ugo Mulas. L’operazione fotografica © Alessandra Chemollo

Difficile scegliere cosa raccontare dopo quattro giorni a Venezia. Prima di tutto la città, ça va sans dire, bella e struggente anche quando è piena di turisti. Poi l’acqua alta, che il 2 di agosto non si era mai vista: Piazza San Marco coperta da mezzo metro d’acqua sotto il sole cocente, senza una goccia di pioggia, per quelle strane congiunzioni di maree che del Mose se ne fanno un baffo.

Poi la Biennale di Architettura, che non mi ha emozionato come quella d’arte dell’anno scorso (e nemmeno come alcune di architettura del passato), ma che offre comunque spunti di riflessione interessanti.

Ma tra tutte le bellezze tra cui perdersi ciò che mi emoziona di più è sempre la fotografia, il mio primo amore, che ormai da anni andavo a cercare alla Giudecca, nella magnifica sede dei Tre Oci che, orrore, quest’anno ho trovato chiusa.

Dopo qualche ricerca online ho tirato un sospiro di sollievo: la Casa dei Tre Oci è stato acquistata dal filantropo Nicolas Berggruen per la sede del suo Berggruen Institute – think tank indipendente e non profit, attivo sui temi delle politiche internazionali e delle sfide globali del XXI secolo.

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Le Stanze della Fotografia © Luca Zanon

Grande consolazione quando ho scoperto che la destinazione d’uso dell’edificio dei primi del ‘900 è rimasta la stessa e sarà dedicato a mostre ed eventi culturali, ma ancora maggior sollievo quando sono venuta a sapere dell’apertura de Le Stanze della Fotografia, sull’Isola di San Giorgio, gemellate con le preziose Stanze del Vetro.

Il pranzo che mi pregustavo già all’Harry’s dolci è stato quindi spostato a una fermata dalla Giudecca, al caffè San Giorgio, unico – e carissimo – ristorante sull’isola; se il ristorante mi è sembrato piuttosto caruccio per quel che aveva da offrire la sede espositiva invece è superba e la mostra di Ugo Mulas è da brividi, e io sono fortunata per essere ancora riuscita a vederla negli ultimi giorni di apertura.

Denis Curti, curatore della mostra e direttore artistico dello spazio, e Alberto Salvadori, direttore dell’Archivio Mulas sono riusciti a restituire un ritratto a tutto tondo di Ugo Mulas, che fu fotografo (e uomo) complesso e poliedrico. 296 opere, di cui 30 mai esposte sino ad ora, fotografie vintage, documenti, filmati, che testimoniano la sua dedizione a temi tanto diversi tra loro: dal teatro alla moda, dai ritratti di amici e personaggi della letteratura, del cinema e dell’architettura ai paesaggi, dalle città alla Biennale di Venezia e ai protagonisti della scena artistica italiana e internazionale, in particolare della Pop Art, fino al nudo e ai gioielli.

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Ugo Mulas. Eugenio Montale, 1970 © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati. Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano / Napol

Passeggiare per le splendide stanze, ammirare le immagini in bianco e nero di Mulas che raccontano i colori molto più di tante fotografie contemporanee, giocare a riconoscere i personaggi famosi da lui fotografati negli anni, immaginare la vita straordinaria e gli incontri unici che ha avuto con i grandi intellettuali dell’epoca è stato un esercizio che mi ha occupato per quasi due ore, record assoluto per me, che in genere visito le mostre come se stessi allenandomi per una staffetta.
Sicuramente ha contribuito allo smarrimento iniziale non trovare le didascalie, sapientemente posizionate dagli allestitori in modo da non interrompere la visione di insieme, ma appena scoperto l’arcano (e ripartita dal via la fruizione delle immagini) mi sono immersa nelle atmosfere cariche di umanità, seguendo i quattordici capitoli tematici che compongono la mostra di questo fotografo totale, dalla visione unica e indipendente. Come sottolineava lui stesso nel 1973 nel testo di “La fotografia”:

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Gianni Berengo Gardin. Ugo Mulas, Campo Urbano, Como 1969 © Gianni Berengo Gardin/Courtesy Fondazione Forma per la Fotografi

«Gli occhi, questo magico punto di incontro fra noi e il mondo, non si trovano più a fare i conti con questo mondo, con la realtà, con la natura: vediamo sempre di più con gli occhi degli altri. Potrebbe essere anche un vantaggio ma non è così semplice.
Di queste migliaia di occhi, pochi, pochissimi seguono un’operazione mentale autonoma, una propria ricerca, una propria visione.»

Ah caro Mulas, non sai che bisogno avremmo noi, ancor più cinquant’anni dopo, di recuperare questa autonomia di pensiero, la stessa che ti ha guidato tutta la vita e portato così lontano.

emanuela bernascone

Ugo Mulas. La didascalia. A Man Ray, 1970 – 1972 © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati. Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano – Galleria Lia Rumma, Milano / N

A garden of my own, dodicesima puntata: Ugo Mulas a Le Stanze della fotografia, sull’Isola di San Giorgio. Le puntate precedenti: maggio 2023 Lo spettatore ha diritto di dormire, sognare, forse…; marzo 2023 L’olandesina in cittàfebbraio 2023 JR, i Bagni Pubblici di via Agliè e il senso dell’arte pubblica: entrare in connessione con chi ti è accanto; gennaio 2023 La New York di Edward Hopper al Whitney Museum, uno sguardo orizzontale sulla città dei grattacieli; novembre 2022 Andy Warhol icona pop a Padova, sorpresa nella sorpresa; ottobre 2022 Sarà una settimana Torinissima; settembre 2022 Superficie di Olivier Norek, un libro che ti strega; agosto 2022 Greta e le Gallerie d’Italia a Torino; luglio 2022 Simon Hantaï alla Fondation Louis Vuitton a Parigi; giugno 2022 Diplomatija astuta; novembre 2022 Andy Warhol icona pop a Padova, sorpresa nella sorpresa.

A garden of my own. Ho pensato a lungo a come intitolare la mia rubrica su Ieri Oggi Domani. e alla fine la descrizione che mi è parsa più pertinente è A garden of my own; non dovrei spiegarlo, perché è così che si fa, lasciando al lettore la curiosità e il divertimento di immaginare la causa recondita e anche la soddisfazione nel pensare di aver indovinato la motivazione. Ma io sono malata di comunicazione, nel senso che amo comunicare e ho bisogno che il messaggio arrivi forte e chiaro, senza incomprensioni; quindi eccomi qui a illustrare la mia scelta: è palese il riferimento a “A room of own’s own”, di Virginia Woolf, però io ho deciso di uscire dalla stanza per entrare in un giardino, il mio giardino. Uscire allo scoperto quasi, in un luogo tutto mio dove ospitare le passioni che mi animano; quindi qui seduti sull’erba parleremo di arte -naturalmente- e di libri, serie televisive e viaggi, ma anche di tutto ciò che attira, per un motivo o per l’altro, la mia attenzione. Comincio io a raccontare, in attesa di ricevere da qualche lettrice o lettore suggerimenti di argomenti che le o gli stanno particolarmente a cuore, perché in questo mio giardino c’è posto per tutti e niente mi riempie di gioia come ospitare gli amici in casa mia!

emanuela bernasconeTorinese, Emanuela Bernascone negli ultimi 30 anni ha lavorato nella comunicazione culturale, viaggiato molto con la numerosa famiglia e a settembre è uscito il suo primo romanzo, frutto, ça va sans dire, di un viaggio: “Malta bastarda”.

 

 

 

 

 

 

 

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