A GARDEN OF MY OWN, Emanuela Bernascone – Yayoi Kusama è infinita presente

emanuela bernascone

© Yayoi Kusama, Fireflies on the Water, 2002. Mirrors, plexiglass, lights, and water, 111 × 144 1/2
× 144 1/2 in. (281.9 × 367 × 367 cm). Whitney Museum of American Art, New York; purchase with
funds from the Postwar Committee and the Contemporary Painting and Sculpture Committee and
partial gift of Betsy Wittenborn Miller 2003.322. © Yayoi Kusama. Photograph by Jason Schmidt.

Restano ancora pochi giorni (sino al 21 aprile 2024) per visitare la mostra di Yayoi Kusama al Palazzo della Ragione di Bergamo (https://www.theblank.it/yayoi-kusama-infinito-presente/)e io suggerisco caldamente di andare, magari non in un giorno di pioggia battente, rigorosamente sprovvisti di ombrello, come è capitato a me.

Kusama mi ha sempre intrigato e ancora più dopo aver incontrato questa estate in Giappone le sue zucche, praticamente un alter ego, disseminate un po’ ovunque; avevo dunque aspettative altissime rispetto alla mostra Infinito presente, non pienamente soddisfatte.

manuela bernascone

La prima parte della mostra è, giustamente, didattica: grandi cartelloni illustrano vita e opere dell’artista, indissolubilmente legate tra loro. Kusama nasce nel 1929 a Matsumoto, da una famiglia benestante che ha previsto per lei una precisa posizione nella società che l’artista non è disposta ad occupare. La relazione con la madre è, da subito, molto complicata; la piccola Yayoi passerebbe il tempo a disegnare, ma la madre non è d’accordo e le strappa di mano i disegni non ancora terminati. Lei stessa ha ammesso che questo potrebbe aver influenzato il suo approccio alla produzione artistica e soprattutto alla scelta dei pois, segni veloci da disegnare e completare. I
genitori finiscono per consentirle di iscriversi alla scuola d’arte e Kusama può proseguire con i suoi studi e sfruttare l’aspetto terapeutico dell’arte, che l’aiuta a tenere a bada le allucinazioni visive e uditive che la perseguitano sin da piccola.

Tra le sue artiste preferite figura Georgia O’Keeffe con la quale intrattiene una fitta corrispondenza e che la convincerà a spostarsi a New York nel 1958. Qui all’inizio Kusama fatica ad emergere, allora (?) il mondo dell’arte era prevalentemente maschile e occidentale, ma presto riesce a guadagnarsi un posto nell’avanguardia newyorkese che la riconosce come la rivoluzionaria che è.

Nel 1973 decide di tornare in Giappone e deve ricostruirsi una reputazione, dato che nella sua terra natale era ancora sconosciuta. Nel 1977 si ritira spontaneamente in un ospedale psichiatrico dove tuttora risiede e da cui esce ogni giorno per andare nel proprio studio a dipingere.

Kusama è un’artista a tutto tondo, oltre a dedicarsi alla propria ricerca dipinge, scrive romanzi e poesie ed
effettua incursioni nel mondo della moda – per Louis Vuitton – e della musica – con Peter Gabriel -.

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Yayoi Kusama, Portrait; ©YAYOI KUSAMA

Letti i pannelli che illustrano la sua vita si passa poi alla seconda parte della mostra, l’installazione di una delle sue più famose Infinity Room, Fireflies on the water, in prestito dal Whitney Museum of American Art, ovvero una stanza chiusa dove si può entrare uno alla volta e dove ci si può fermare un minuto esatto con la porta chiusa. La stanza è buia e ricoperta di specchi, al centro c’è una pozza d’acqua sulla quale sporge una piattaforma simile a un piccolo molo e 150 piccole luci colorate, che ricordano delle lucciole. L’effetto sensoriale è veramente straniante, gli specchi amplificano lo spazio e rimbalzano le luci, si è al centro della stanza ma si è anche tutto intorno perché si vede la propria immagine riflessa ovunque. A me ha ricordato quando, da piccola, giocavo nella stanza da letto dei miei genitori accostando due specchi per vedermi riflessa tante volte; il gioco in effetti si chiamava “le tante bimbe” e sì, ero una bambina molto sola!

emanuela bernascone

Yayoi Kusama, Fireflies on the Water, 2002. Mirrors, plexiglass, lights, and water, 111 × 144 1/2 × 144 1/2 in. (281.9 × 367 × 367 cm). Whitney Museum of American Art, New York; purchase with funds from the Postwar Committee and the Contemporary Painting and Sculpture Committee and partial gift of Betsy Wittenborn Miller 2003.322. © Yayoi Kusama. Photograph by Sheldan C. Collins

L’effetto finale di Infinito presente secondo i curatori dovrebbe essere di sentirsi trasportati in un’altra dimensione, un invito ad abbandonare il senso di sé e ad arrendersi in una sorta di magia meditativa. Effettivamente ho provato a tratti alienazione, ma soprattutto una sensazione di solitudine, che, presuntuosamente, immagino possa essere quanto provato dall’artista in questa lunga e faticosa esistenza. Il momento in cui l’operatrice ha aperto la porta della stanza è stato quasi traumatico, un minuto è poco per ambientarsi e capire cosa si prova, ti resta la voglia di
restare ancora un po’ lì dentro, ma il visitatore successivo deve entrare per i suoi sessanta secondi.

Soprattutto ti resta la voglia di vedere altre opere di Kusama, di conoscerla meglio, e invece la mostra ruota tutta intorno a quell’installazione. Colpa mia che non mi ero documentata abbastanza prima, ma, al netto della frustrazione, così sono felice di esserci stata, e di aver condiviso un po’ di solitudine (sarà un ossimoro questo?) con la madre di tutti i pois.

A garden of my own, quindicesima puntata: Yayoi Kusama è infinita presente.

Le puntate precedenti: marzo 2024 Non perdetevi per nulla al mondo la Biennale della Fotografia Femminile di Mantova; settembre 2023 Con la luce e con l’ombra, con il caldo e con la neve: Copenaghen è sempre una buona idea; agosto 2023 Ugo Mulas a Le Stanze della fotografia, sull’Isola di San Giorgio; maggio 2023 Lo spettatore ha diritto di dormire, sognare, forse…; marzo 2023 L’olandesina in cittàfebbraio 2023 JR, i Bagni Pubblici di via Agliè e il senso dell’arte pubblica: entrare in connessione con chi ti è accanto; gennaio 2023 La New York di Edward Hopper al Whitney Museum, uno sguardo orizzontale sulla città dei grattacieli; novembre 2022 Andy Warhol icona pop a Padova, sorpresa nella sorpresa; ottobre 2022 Sarà una settimana Torinissima; settembre 2022 Superficie di Olivier Norek, un libro che ti strega; agosto 2022 Greta e le Gallerie d’Italia a Torino; luglio 2022 Simon Hantaï alla Fondation Louis Vuitton a Parigi; giugno 2022 Diplomatija astuta; novembre 2022 Andy Warhol icona pop a Padova, sorpresa nella sorpresa.

A garden of my own. Ho pensato a lungo a come intitolare la mia rubrica su Ieri Oggi Domani. e alla fine la descrizione che mi è parsa più pertinente è A garden of my own; non dovrei spiegarlo, perché è così che si fa, lasciando al lettore la curiosità e il divertimento di immaginare la causa recondita e anche la soddisfazione nel pensare di aver indovinato la motivazione. Ma io sono malata di comunicazione, nel senso che amo comunicare e ho bisogno che il messaggio arrivi forte e chiaro, senza incomprensioni; quindi eccomi qui a illustrare la mia scelta: è palese il riferimento a “A room of own’s own”, di Virginia Woolf, però io ho deciso di uscire dalla stanza per entrare in un giardino, il mio giardino. Uscire allo scoperto quasi, in un luogo tutto mio dove ospitare le passioni che mi animano; quindi qui seduti sull’erba parleremo di arte -naturalmente- e di libri, serie televisive e viaggi, ma anche di tutto ciò che attira, per un motivo o per l’altro, la mia attenzione. Comincio io a raccontare, in attesa di ricevere da qualche lettrice o lettore suggerimenti di argomenti che le o gli stanno particolarmente a cuore, perché in questo mio giardino c’è posto per tutti e niente mi riempie di gioia come ospitare gli amici in casa mia!

emanuela bernasconeTorinese, Emanuela Bernascone negli ultimi 30 anni ha lavorato nella comunicazione culturale, viaggiato molto con la numerosa famiglia e a settembre 2022 è uscito il suo primo romanzo, frutto, ça va sans dire, di un viaggio: “Malta bastarda”.

 

 

 

 

 

 

 

 

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